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La celia sulfurea

La celia sulfurea

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Erano rimasti alcuni minuti immobili a studiarsi tra loro, nella brulla e desolata piana rocciosa ai confini di un’intricata foresta primordiale. L’aria era fredda e tagliente, il cielo coperto da basse nuvole oscure, pesanti. Curiose grida stridule si levavano dal folto della boscaglia, poco rassicuranti. Poi, la più massiccia delle due figure parve riscuotersi e parlò.
“Grandissimo figlio di una cagna umana” sibilò il Demone, assumendo un’impressionante colorazione scarlatta, quasi riuscisse a stento a dominarsi.
“Tu e tua sorella, se permetti” replicò l’Uomo, anzi, l’Omino, impettito e assolutamente tranquillo “E a seguire pure tua madre”
“Tu non capisci, non sai quel che hai fatto!” gridò il Demone, avvampando di fiamme ultraterrene.
“Cos’avrò fatto mai, per meritare i tuoi insulti?” chiese con calma l’Omino “Non credo proprio di sapere chi sei e sono quasi certo di non averti fatto proprio nulla”
“Nulla! Il folle mentecatto!” esplose il Demone “Dove credi di trovarti, ora, bestia di un uomo?”
“Beh, all’aperto, pare… fa freddino”
“E dove ti trovavi prima, qualche attimo fa?” C’era una nota isterica nella voce roboante del Demone.
“A casa di mio cugino, nella sua stanza”
“Non farti tirare fuori le parole! Cosa succedeva in quella stanza?”
“Uno dei soliti scherzi di quel mattacchione di mio cugino, ogni giorno ne inventa una nuova”
“No, un momento. Volteggiare a due metri da terra lanciando scariche di vomito sulle pareti non può essere considerato uno scherzo, uomo!”
“Perché non conosci mio cugino. Una volta…”
“Lasciamo perdere!” l’interruppe il Demone, più che esasperato “Tuo cugino era posseduto. Possessione carnale demoniaca. Ed ero io che lo possedevo, signor mio!”
“Prego?”
“Ma per mille vontoli, che c’è che non va in te? Non lo vedi chi sono, cosa sono?”
“Così, di primo acchito… sembreresti un diavolo”
“Stordito di un umano! E non lo sono forse? Cosa non ti convince della mia natura, bifolco nato d’uomo e di donna?”
“Io non credo ai diavoli, perbacco”
“Tu non…” trasecolò il Demone “… già, dovevo aspettarmelo, così il quadro è completo. Eppure, nonostante il fatto che tu sia un’imponente imbecille, sei stato in grado di compiere un esorcismo esplosivo che ci ha cacciati in questa situazione!”
“Temo di capire soltanto i tuoi poco graditi insulti…”
Il Demone fissò l’Omino, gonfiandosi d’ira. Una colonna di fuoco eruttò rumorosamente dalle sue corna incandescenti, gli zoccoli fessi batterono con fragore la superficie rocciosa, scheggiandola e aprendo crepe nel suolo granitico.
“Vediamo di prendercela calma!” esclamò l’Omino, indietreggiando di fronte a quel sulfureo sfogo” Fa giusto freddo e il calore che emani, a differenza del tuo puzzo, mi va anche bene, ma non avvicinarti troppo, per favore. Tu parli ma io non ho ancora capito cos’è accaduto e accade!”
La vampa accecante entro cui aveva perso il controllo il Demone si smorzò, riducendosi ad un blando scoppiettare di braci. L’essere infernale si ricompose, accucciandosi a terra, apparentemente calmo. Solo la coda triforcuta che schioccava e serpeggiava nell’aria rivelava l’irrequietezza del poderoso diavolo.
“Sì, per Utpatello, hai ragione. Ci vuole un po’ di calma, calma per riflettere…per trovare una soluzione a questo problema” gli occhi scarlatti del Demone si puntarono sull’Omino, scrutandolo con impressionante fervore, esercitando un cupo potere ipnotico che si addensò pesante attorno alle due figure perse nella piana rocciosa.
“Ho un brufolo sul naso?” chiese appena indispettito l’Omino.
“Zitto, Gazomaddo ti tosti, inerme mortale! Qui c’è qualcosa che non va… non riesco a leggerti nei pensieri. Che strano! C’è una sorta di barriera tra noi, un ostacolo che i miei poteri non riescono a superare. Ma non può essere, io devo sapere, devo…!”
“Ma prova a chiedere, benedett’uomo…”
“Benedetto il mio membro insaziabile, pallido vermicello!”
“Forse dovremmo cercare di instaurare una certa qual comunicazione tra noi, magari senza più insulti, così da poter giungere ad un accomodamento…”
“E va bene, per Sargatanaschio!” gridò il Demone, sull’orlo di una crisi nervosa “Rispondi a questo, che è la chiave per sbrogliare tutta questa faccenda! Quale tipo d’esorcismo hai praticato, che formulari hai usato per espellermi dal corpo di tuo cugino?”
L’Omino fissò a sua volta il Demone, assumendo l’espressione di chi si trovi davanti un interlocutore evidentemente fuori di testa col quale è il caso di dimostrarsi il più possibile benevoli e comprensivi.
“Allora, caro signore…” tossicchiò, sorrise, tornò serio “Io ho un cugino zuzzurellone, uno cui piacciono gli scherzi più idioti, lui si diverte così, a volte anche esagerando non poco. Voglio dire, passi suonare le campane del convento a mezzanotte, ma sostituirsi ad un cadavere nel feretro solo per spaventare i congiunti in visita o fare il fantasma sui binari della ferrovia per atterrire il vecchio capostazione… capisci, non sono cose tanto piacevoli per chi le deve subire. Poi con quelle due giovani pensionanti in affitto da lui, guarda, davvero non ha avuto limiti pur di attirarne l’attenzione. Sono io il primo ad esserne imbarazzato e a dispiacermene… insomma, il fatto è che già da un paio di giorni non ha fatto altro che dimenarsi nel suo letto urlando come un forsennato. Gli ho detto con le buone di finirla, macché, lui ci ha dato dentro come non mai. Risultato: le due fanciulle se ne sono andate, forse anche spaventate, e a ragione. Pensi che l’abbia smessa con quella sua grottesca commedia? Assolutamente no! Ha continuato ad urlare, scalciare, sputare bile ed imprecare. Si sarà arrabbiato per la partenza delle due, avrà capito di aver esagerato…Beh, sta di fatto che io ne avevo fin sopra i capelli e alla fine gliele ho cantate chiare, usando anche frasi forti nel mio dialetto. Oh, se gliele ho cantate! Ecco, a quel punto è successo qualcosa di strano che deve essermi un po’ sfuggito, in verità. C’è stato uno scoppio, un lampo di luce… ho pensato che il disgraziato avesse tirato un petardo. Invece, di colpo, il buio, delle urla poi… sparito il cugino, la casa, tutto: ed eccomi qui, all’aperto, in tua presenza. Neanche ti conosco e la prima cosa che hai fatto è stata di insultarmi. Davvero poco carino…”
Il Demone aveva ascoltato in silenzio l’Omino, sobbalzando al finale del resoconto: “Gazanno ta Shoddamu! Fammi capire! Fammi capire…non hai eseguito alcun vero esorcismo, non hai declamato dei formulari magici… hai solo ingiuriato in dialetto tuo cugino? E’ dunque così?”
“Certamente, quello stupido sembrava in preda al demonio!”
“Ma lo era! Ero io che lo possedevo! Io sono un diavolo, è il mio compito, questo, Agaliaretto ti inforconi!”
“Sciocchezze, sciocchezze. Beh, io la mia parte te l’ho raccontata. Ora, se ciò ha contribuito a schiarirti le idee al nostro riguardo…”
Il Demone crollò di botto, prendendosi la testa tra le mani. “E’ la fine. E’ il disastro più completo. Tagliato fuori… tagliato fuori per sempre!”
“Ma, insomma, mio focoso amico” si spazientì l’Omino “Ormai me l’hai data l’idea che sia successo qualcosa di grave. Non riesco a spiegarmi quella luce, quel botto, questo stesso luogo… la tua stessa presenza, per essere sinceri. Sai, per un materialista come me tutto ciò è a dir poco disturbante: tu continui a comportarti come se io avessi fatto chissà quale danno irreparabile ma se non ti decidi a spiegarmi qualcosa come posso fare per aiutarti…?”




Il Demone scoppiò in una rauca risata gorgogliante: “Hai già fatto abbastanza, tu! Hai fatto ciò che neanche il mio Diretto Superiore avrebbe potuto mai fare!”
“Ma cosa, si potrà sapere alla fine?”
“Te lo dirò, umanastro pasticcione, te lo dirò prima di fare di te salsicce calde! Ma per capire come stanno le cose devi renderti conto che io sono davvero una creatura soprannaturale e che stavo veramente possedendo tuo cugino, quando sei catastroficamente intervenuto tu! Accetti questi fatti fondamentali?”
“Bene, se proprio devo… per adesso li accetto”
“E dunque sappi allora che in me, cosa tremenda a dirsi, non avverto più traccia alcuna della mia dipendenza satanica”
“Pardon?”
“Voglio dire che per colpa tua il legame che unisce tutti i demoni alla matrice principale di malignità del nostro universo è stato troncato, il che si traduce in questo: noi due, esimio mortale, siamo molto, molto, molto ma molto lontani da quello che era il nostro cosmo originale e ciò che più conta è che io non ho la più pallida idea di come fare per tornarci. E Beliello ti liofilizzi, non so più neanche dov’è il nostro perduto universo! Shad Olon Orkomai Ozukfael Turunni!”
“Un momento, prego. Non confondiamo le cose: le ultime parole che hai detto erano bestemmie, vero? Comunque, non è che mi sia chiaro neanche quel poco che ho capito…prova a rilassarti e a spiegarti meglio”
“Rilassarmi…” il Demone si lasciò scappare un’altra risata stridula, ricomponendosi però subito dopo “Sì, tantopiù che ora tutto è inutile. Bisogna rassegnarsi all’inevitabile, già…”
Incrociò le massicce gambe caprine, poggiando il mento sul ginocchio, la sua voce perse ogni intonazione assumendo un freddo e monotono ritmo “Questa è la situazione: siamo stati sbalzati in un continuum spaziotemporale totalmente diverso dal nostro, così remoto da poter rompere ogni mio vincolo con le Superne Sfere di Malvagità. In poche parole, questa non è la Terra. Non possiamo più tornare indietro. Siamo tagliati fuori. Tutt’e due.
“Dici davvero?”
“Quando ti sei intromesso durante la possessione diabolica, nell’istante in cui mi hai esorcizzato sei riuscito anche a sfasare gli Equilibri Eterni, a provocare un gorgo, una crepa, una lacerazione di continuum che ci ha risucchiati via, depositandoci qui”
“Io non ti ho affatto esorcizzato!” protestò l’Omino “Ho solo detto qualche parolaccia in dialetto, inventata sul momento, a quel becero di mio cugino!”
“Devi sapere che l’universo in cui viviamo, anzi, vivevamo, si regge su equilibri instabili particolarissimi, su forze imponderabili e sconosciute alle stesse entità preternaturali. In qualche modo misterioso ciò che hai detto, il modo in cui l’hai pronunciato, la tua sola presenza e le mie energie di possessione, tutto questo ha concorso nel provocare uno strappo di tessuto spaziotempo che ci ha sbalzati qui. E non so dov’è, il qui! Spaventosamente remoto, se è stato in grado di recidere i miei vincoli col mondo infernale. Siamo perduti.”
“Comincio a capire…”
“Sai come sono contento!”
“Ma, lo dico da ignorante, cercando di ristabilire le condizioni che hanno provocato la frattura non sarebbe possibile tornare indietro? Se ci penso bene, potrei ricordare le parole esatte che ho detto e tu…”
“Non servirebbe a nulla. Non ho punti di riferimento. Non puoi neanche immaginare quanti e quali luoghi fantastici esistessero solo nel nostro cosmo. Io li ho visti tutti ma ovunque il contatto infernale mi legava al punto di partenza. Ora che il legame è spezzato, anche se riuscissimo a provocare un’altra frattura chissà poi dove andremo a finire!”
“Situazione incresciosa davvero” considerò con calma l’Omino.
Calò il silenzio. Grigie nuvolaglie correvano basse nel cielo, il vento faceva stormire le fronde dell’intricata foresta primordiale, densa di sussurri. Per qualche minuto nessuno parlò più, ciascuno immerso nei propri pensieri, poi il Demone prese a brontolare.
“Non ci credo ancora. Ma proprio a me doveva capitare! Avevo quasi terminato il mio turno e mi aspettava il meritato riposo giù all’Inframondo… lo sacrificherei volentieri, se questo volesse dire ritornare a casa! Avevo un compito ben preciso, lo eseguivo pure bene, delle mansioni, dei doveri, delle responsabilità. Tutto finito ora, grazie a te! Uno vede il proprio cugino palesemente indemoniato e cosa fa? Chiama un prete esorcista? Ma no di certo! Si mette a bestemmiare in dialetto e per combinazione imbrocca foneticamente la peggiore delle formule di Non Ritorno! Un materialista che non crede nel soprannaturale, per di più! Ecco qui! Il nostro fato è decretato! Orkomai!”
“Va bene, ma non esageriamo adesso “ si risentì l’Omino “ In fin dei conti erano solo parolacce, che colpa ne ho se assomigliavano alle vostre formule magiche? Come se ogni povero cristiano sulla Terra dovesse sapere quelli che sono i vostri Equilibri Eterni! Una cosina così, e guarda che pasticcio! Andiamo, ma che ci state a fare voi, potenze eccelse, se basta che un topo scorreggi in cantina per far tremare tutto l’universo? Faccio bene io a non credervi…”
“Hai anche ragione…”
“E comunque, visto che mi hai fatto accettare il fatto che tu sia un diavolo e supponendo che tu abbia portentosi poteri soprannaturali in dotazione personale, non potresti escogitare qualcosina per farci tornare a casa?”
“Che Orkomai Turunni pretendi adesso, vontolone?” ringhiò sgarbatamente il Demone “Se ti dico che non so dove sbattere le corna, vuol dire che proprio non lo so e che ho già vagliato tutte le possibilità! Non si torna! Hai qualcosa da aggiungere, per caso?”
“Beh, no”
“Allora è fatta. Si resta qui. Pacifico”

Lo scorbutico Demone s’immerse in cupe e profonde elucubrazioni, mugugnando tra sé, circondato dal fumo che si sprigionava dalle corna e deciso a non esternare i propri pensieri all’Omino, che fischiettando un’arietta con fare indifferente, prese a gironzolare attorno al diavolo. Dopo qualche minuto, facendo capolino oltre la cortina fumogena tutt’intorno al tetro emissario del male, l’Omino chiese, blandamente: “Ma poi tu esisti davvero o sono solo io che sto sognando, giù a casa, dal cugino?”
“BELIAL!” urlò il Demone, violaceo “MA CHE STO ASPETTANDO ANCORA? IO TI TRASFORMO IN UNA MERDOLA DI GRIFONE E TI CALPESTO PER TUTTA L’ETERNITA’ A VENIRE, MALEDETTO OMICIATTOLO STRADANNATISSIMO! AVANTI! TE LA SEI VOLUTA: GAZORIMBOULIKOLOTTO, AYE!
Non accadde nulla. L’Omino se ne stette lì fermo a fissare interrogativamente l’infuriato Demone, che levatosi in tutta la sua imponenza, aveva proteso gli artigli per scagliare l’inefficace incantesimo. Allibito, il diavolo ripeté la formula, senza ottenere il benché minimo risultato.
“Che c’è, che c’è?” si chiese preoccupato “Perché non ti sei tramutato in escremento di grifo? Cosa fai ancora lì, integro e in umana foggia?”
“Mah, se non lo sai tu” si schermì innocentemente l’Omino, stringendosi nelle spalle “Sicuro che sia quello giusto? Capita a tutti di sbagliare…”
“Sta’ zitto, certo che è quella giusta, sono tutte catalogate. Shoddam, vuoi vedere che ho perso pure tutti i miei poteri diabolici?”
“Non ti allarmare” cercò di tranquillizzarlo l’Omino “Mai giungere a conclusioni affrettate. Vediamo: prova, con calma e fiducia, a far comparire qui davanti a noi… una bella tavola imbandita di ogni ben di… ehm, di Lucullo”
Il Demone, non perfettamente in sé, mormorò un incantesimo e in un lampo incolore apparve una splendida tavolata ricca di superbe portate fumanti, davvero degna di un re.
“Perbacco, complimenti!” fischiò l’Omino, ammirato “ Ti preoccupavi per niente, dunque. Tutto sommato la permanenza in questo posto non pare essere del tutto negativa. Sai, mi chiedo, amico sulfureo, se per caso tu non sia in grado di fare anche di meglio, magari facendo comparire qualche bella donnina…”




Ma il Demone non lo stava ascoltando. Piombò seduto al suolo, abbandonandosi alla disperazione: “Shoddam! Quale tragico e plumbeo fato! Intrappolato in uno sconosciuto universo alieno con un impiastro umano che non è neppure soggetto alla collera di un demone infuriato. E’ la fine! Dove ho sbagliato per meritare questo supplizio? Dove, per Mamada? Neanche di sfogarmi su di te mi è concesso! Orkomai, Turunni, Aglathotto!”
“Non mi sembra proprio il caso di fare così, adesso, in fin dei conti stiamo entrambi bene, un po’ di ottimismo…”
“Che ne sai tu? Umano, mortale, potresti morire da un momento all’altro…”
“Se permetti…” la mano dell’Omino corse alle parti basse.
“… e non avresti più problemi. Io invece sono immortale e rimarrò segregato qui per il resto dei miei infiniti giorni e tutto per causa tua!”
“Beh, non sono stato certo io a mettermi in testa di possedere quel poco di buono di mio cugino, caro satanello, riconosciamolo!”
“Maledetto te che puoi pensare che tutto questo sia un incubo da cui ti sveglierai presto, hai anche questa fortuna, ma io no, io so che tutto questo è vero e non posso farci nulla! Turunni ti fulmini, uomo, Feugantes ti smidolli, Nardoschio ti malocchi…”
“Va bene, va bene, ora basta! D’accordo, è tutta colpa mia. Il danno è fatto ma possiamo comunque cercare di fare qualcosa, collaborando assieme. Per esempio, che posto è questo? Dove ci troviamo? Sapresti identificarlo? Pensa, magari siamo ancora sulla Terra e forse lo strappo subito ha solo alterato un po’ le tue percezioni…”
“No, no. Non c’è possibilità di errore. Siamo stati proiettati nell’infinito e non posso coordinare la nostra posizione senza parametri adeguati. Però potrei compiere una veloce esplorazione-transfert di questo mondo…”
Il corpo astrale del Demone impiegò tre minuti a compiere la ricognizione. Quando tornò nel suo involucro l’Omino stava piluccando tra le varie pietanze della tavola imbandita: “Ebbene?” chiese, a bocca piena.
“Un mondo privo di interessi particolari” rispose il Demone sedendosi a tavola “Solo vita animale e vegetale, ad eccezione di sparuti gruppi di scimmiesche creature antropoidi come quelle che stanno comparendo ora dalla foresta alle tue spalle. Si direbbe un pianeta giovane, al principio della sua evoluzione. Noi due siamo gli unici esseri intelligenti qui presenti. Per tutto il resto assomiglia alla Terra”
L’Omino stava studiando le irsute creature ai margini della foresta, troppo timorose di muoversi oltre: “Che brutti ceffi… bene, amico demone, si tratta solo di organizzarsi un po’, tutto qui. Coi tuoi mirabili poteri siamo a cavallo, per questo. Credo che potremmo cominciare col…”
“Tranquillo, ometto” disse il Demone con fare cattivo “Non ho la minima intenzione di favorirti coi miei poteri, né ora né mai. Mi hai ficcato in questo guaio ed ora pretendi che ti faccia da balia? Puoi fischiare. E tra parentesi…”
Il Demone sibilò un incantesimo e la tavolata con tutte le sue portate sparì di botto, assieme al cosciotto che l’Omino stava per addentare famelicamente.
“Ma, ma, ma, non ha senso!” si lamentò “Così rischiamo di morire di fame!”
“Tu di certo, non io. Sono immortale e non ho bisogno di mangiare. Anzi, guarda, ora ti saluto e me ne vado”
“Dove?”
“Sull’altra faccia del pianeta, a meditare in pace, lontano da te”
“Ed io che faccio?”
“Campa o crepa”
“Ma senza cibo, senza riparo, senza compagnia femminile io qui me la vedrei male! Potrei essere aggredito da quegli scimmioni da un momento all’altro! Andiamo, signor demonio, sii ragionevole: finiremo certo con l’abituarci l’un l’altro, ci troveremo simpatici… insomma, non puoi abbandonarmi così!”
“Perdona se dubito delle tue ottimistiche previsioni. Addio”
Il Demone si voltò e fece per andarsene. L’Omino lo rincorse, agitato.
“Devo pensare che sei un po’ figlio di buonadonna?”
“Pensalo, invero! Per le corna di Gazan, sono un diavolo, te ne sei scordato? Già, ma tu non credi in me, sei un materialista… e forse hai ragione di dubitare della mia esistenza, infatti adesso scompaio…”
L’Omino afferrò repentinamente la coda del Demone, diede un poderoso strattone e provocò la catastrofica caduta al suolo della creatura infernale, lunga e tirata per terra.
“Come osi?” ringhiò il Demone, risollevandosi “Come osi far questo a me, creatura preternaturale del submondo, potenza ctonia temuta e ossequiata?”
“Oso, oso… mi hai dimostrato prima che non hai più la facoltà di farmi scherzetti di dubbio gusto mentre io, a quanto pare, posso agire contro di te. Questo modifica un po’ la situazione, quindi, adesso, se non vuoi che ti faccia correre a calci nel sedere per tutto questo pianeta ostile, vediamo sul serio di concludere qualcosa di positivo, noi due!”
“Devo solo sparire per fregarti, umano!” gracchiò il Demone, paonazzo d’ira.
“Il tuo orgoglio ti seguirebbe a pezzi. Pensaci bene: ti metti nei guai con un omiciattolo come me, non sei in grado di sbrogliare la matassa, ti autofreghi per l’eternità senza possibilità di rivalsa e non solo, ti fai anche mettere le mani addosso da una creatura inferiore senza poter replicare… al tuo posto io mi sarei già fatto angelo, caro signor demonio”
“Una volta che sarai morto…”
“Avrai un’intera eternità per crogiolarti nella rabbia e nella vergogna per ciò che hai dovuto subire per causa mia, se non sarai impazzito prima di noia. Che smacco. Poi un tipo orgoglioso come te… Mentre io potrei avere giusto una piccola idea che potrebbe funzionare per entrambi e toglierci da questa imbarazzante situazione. Perciò, sii così gentile da far comparire sedie e tavolino che ci mettiamo subito al lavoro”
“NO! GIAMMAI, PER GAZOMAD!”
“Non facciamo i bambini…”
“CREPA!”
L’Omino riafferrò la coda del Demone, che nel frattempo si era arrotolata attorno al suo corpo, la strattonò e fece piroettare disordinatamente il diavolo, mandandolo nuovamente a sfracellarsi al suolo.
“Allora, queste sedie?”
“Un… un momento, prego…” balbettò il Demone, compiendo alcuni gesti magici e facendo comparire un tavolo e degli sgabelli.
“Ah, bene” approvò l’Omino “E già che ci sei pipa e brandy per due”
Soffocando l’ira cieca in viluppi fumogeni il Demone provvide ad accontentare l’imperturbabile mortale.
“Ottimo” annuì l’Omino, gustando un sorso di liquore “Dunque, facciamo il punto: Mmmh, vedo quegli orribili gorilloni usciti dalla foresta farsi irrequieti. Non è che ci daranno noia, vero?”
“Non a me” ringhiò malevolmente il Demone, massaggiandosi l’anca.
“Trattami bene, amico mio, che ti conviene. Allora, qui si tratta di impedire che tu ti strugga in quella che sarà per te un’uggia secolare e di garantire invece per me una certa qual dose di legittima sopravvivenza, no?”
“Lascerei perdere volentieri la seconda parte del problema!”
“Questioni di punti di vista. Rispondi sinceramente: sei tu un demone regolarmente riconosciuto e in grado di compiere qualsivoglia prodigio?”
“Sì, tranne che poterti trasformare in fango viola dello Stige, Gazanno!”
“Ma è proprio questo il punto. Tu non hai perso i tuoi poteri solo che non puoi esercitarli contro di me, per chissà quale misterioso caso”
“Veniamo al sodo, Turunni dell’Orkomai!”
“Eccoci. E’ semplice, del resto. Dal momento che abbiamo a disposizione un intero mondo su cui accampare diritti senza timore di querele, perché non ne diventi tu il dio?”
“COSA?”
“Sì, il dio. Il Reggente. Il demiurgo. Insomma, il principale, chiamalo come vuoi. Sarebbe un bel colpo per te, tanto più che gran parte del lavoro è già fatto”
“Incommensurabile babbeo d’uomo, essendo soli qui siamo già i padroni. Che Orkomai vuoi dire?”
“No, no, no. Non ci siamo capiti. Io ho detto il dio, non il padrone, e parlavo al singolare. Tu solo saresti il gran Signore qui. Potrai creare, distruggere, fare quello che ti pare. Saprai bene quali sono i compiti di un dio, no?”
“Già, e tu?”
“Ecco, in effetti io sarei il vero padrone del mondo, dal momento che sono immune dai tuoi poteri pur non avendo la capacità di compiere prodigi. Ma ascolta: se solo tu mi fornissi la materia prima, vale a dire le matrici femminili, io potrei popolare di gente questo mondo, gente che potrai manipolare a tuo piacimento, poiché te ne darei l’autorizzazione. Non dovresti così passare del vacuo tempo annoiandoti, visto che un dio dovrebbe avere non dico obblighi ma almeno una certa dose di riguardo per le sue creature, senza contare il divertimento che potrebbero offrirti durante il loro evolversi. Pensa! Tempi di guerra, tempi di pace, grandi massacri, arte e creazioni dello spirito, miti, leggende, religioni e poi ancora lotte e massacri e nuovamente rinascite culturali e scientifiche e avanti così! Uno show grandioso, sempre assicurato, ne convieni?”
“Detta così non sarebbe male” rimuginò il Demone “anzi, come proposta ha davvero qualcosa di buono ma di te non mi fido!”
“Chissà perché? Qui ci vuole un’intelligenza creatrice, buona o cattiva che sia. Il posto è vacante, quindi approfittane. Potrai fare tutti i comodi tuoi senza problemi. Hai mai pensato quanto dovesse divertirsi i tuo Diretto Principale, avendo a che fare con la razza umana?”
“E tu come rientri in tutto ciò, visto che sei immune e virtualmente al di fuori da ogni mia iniziativa nei tuoi riguardi?”
“Io non farò nulla per mettere in discussione la tua autorità ma tu dovrai fare qualcosa per me”
“Se ho ben capito tu vorresti a tua disposizione delle donne”
“Esatto. Preciso. Puntuale. Bingo. Tombola. Donne, ciò che non ho mai avuto sul serio nel nostro universo. Donne, in gran quantità!”
“E non ti importa nulla delle progenie future che metteresti a mia completa disposizione, in tutto e per tutto?”
“Senza meno. Dovrai solo fare in modo di assicurarmi alcune cosette, tipo longevità, prestanza fisica, piccoli favori di questo genere…”
“Ma sei immune ad ogni mia azione, cretino!”
“Via, gli stregoni del medioevo se la cavavano con intrugli e pozioni che si facevano da soli su ricetta demoniaca. Troverai bene ciò che ti occorre da queste parti e non dovrai agire direttamente su di me”
“Può essere fattibile. Ma, se alla fine non dovessi accettare la tua proposta?”
“E’ chiaro. Ci perderemmo entrambi ma tu più di me, perché sei immortale. Mi rendo conto che potresti mettere in atto tutto il piano da solo, ora che te l’ho furbescamente consigliato,
potresti far tutto senza curarti di me, ma io mi prodigherò a spargere zizzania se lo farai e ricorda che tu nulla puoi contro di me. Non ti conviene”
“Non è che non mi convenga, è che non ho la facoltà di creare dal nulla la vita. Questa è prerogativa dell’Opposto del mio ex-principale. Posso creare simulacri, larve, fantasmi ma non la vita in sé. Tu sei indispensabile per l’attuazione del tuo progetto, purtroppo!”
“Capisco, ma allora per le donne come facciamo?”
“Qui c’è la soluzione. Posso partire da fondamenti già esistenti. Una tua costola, l’appendice… contengono tutti gli elementi necessari, le ricette della creazione. La vita dal nulla non rientra nelle mie capacità ma così qualcosa si può fare…”
“Ottimamente! Nessuno dei due avrà modo di pentirsi di quest’intesa!”
“Un’ultima cosa: ho la tua parola che non farai nulla per mettere in imbarazzo la mia autorità, una volta che ci saranno abbastanza tuoi discendenti? Insomma, qualcuno potrebbe chiedersi perché tu sia così evidentemente diverso da tutti gli altri, non invecchiando per esempio…”
“Se mi fornirai una nicchia tutta per me, dotata di ogni comfort, riscaldata a dovere, con cibo sempre pronto e donne a volontà io farò in modo di non interferire mai col tuo operato, fai pure conto che non esista per te, avrai carta bianca su tutto e tutti. Se davvero lo desideri, noi due non avremo più alcun contatto”
“Allora si può fare” assentì il Demone, pensieroso.
“Benissimo! Quando si comincia? Qua la mano, amico!”
E così, nella spoglia e desolata piana del mondo alieno, il Demone e l’Omino strinsero il loro accordo, sotto lo sguardo incuriosito di un gruppo di scimmioni antropoidi usciti dalla foresta e radunatesi attorno alle due creature mai viste prima.

L’Omino si svegliò di buon umore e la prima cosa che vide quando aprì gli occhi furono le figure di tre splendide fanciulle completamente nude, una bionda, l’altra rossa, la terza bruna, che lo fissavano con sguardo felino, sorridendo.
“Perbacco!” pensò l’Omino, intontito da tanto fulgore “Nulla da dire, quel Demone ha fatto davvero un ottimo lavoro! Ma guarda che gran pezzi di figliole…”
Le tre ragazze si avvicinarono sensualmente con sapienti movimenti flessuosi, cariche di desiderio, divorandolo con gli occhi. Alle loro spalle, gli uomini-scimmia scalpitavano e fremevano d’eccitazione.
“Spiacente per voi autoctoni ma questa è materia mia” considerò mentalmente l’Omino, soddisfattissimo “ Dove sarà finito quel cesellatore di divine creature? Vorrei ringraziarlo per la classe adoperata. Mi sento a posto, fisicamente, come se non mi avesse sottratto nulla. Spero di aver occasione di sentirlo, prima o poi, ora si dia inizio ai festeggiamenti!”
L’Omino si lanciò verso il fulgente trio e già stava per toccare con mano quei perfetti corpi dorati, quando le fanciulle si bloccarono di colpo e i sorrisi abbaglianti scomparvero dai loro visi. Per un attimo i loro sguardi conversero contemporaneamente sotto la pancia dell’Omino e un’espressione smarrita si disegnò sui loro volti radiosi.
“Beh, posso capirle, sono giustamente impressionate dall’attrezzatura…”
Ma lo smarrimento si mutò presto in palese disgusto, che fu come una sgradita doccia fredda per l’Omino. Si sentì inspiegabilmente mortificato per l’atteggiamento chiaramente contrariato delle tre ninfe, che si guardavano in faccia stupite, confuse, deluse. La bionda scosse la testa, poi scoppiò a ridere indicando il sottopancia dell’Omino. In breve anche le sue due compagne l’imitarono, ma si trattava di risate un po’ risentite. La rossa richiamò l’attenzione delle altre sul gruppetto di scimmioni in foggia umana. L’omino seguì incuriosito il loro sguardo, incentrato al di là di ogni dubbio sulle parti basse dei massicci primati. Il sorriso tornò sulle labbra delle tre fanciulle, che con un malizioso cenno d’intesa si lanciarono, ridacchiando contente, tra le pelose braccia dei gorilla, lasciandosi trasportare tra i grugniti nella foresta. Ben presto dal folto della giungla giunsero alle orecchie dell’esterefatto Omino inconfondibili grida di estremo godimento.
“Ma che storia è questa? Che storia è?” abbassò lentamente gli occhi sulla sua zona intergambale e trasecolò. Nello stesso istante nel cielo rimbombò una voce conosciuta.
“EBBENE, UOMO, HAI AVUTO DAVVERO UNA BELLA IDEA A TI RINGRAZIO. TI HO RESO VIRTUALMENTE IMMUNE ALLA VECCHIAIA PER MEZZO DI UN INFUSO SPECIALE. TI VOLEVO DIRE, PERO’, CHE HO DECISO INVECE DI INTERESSARMI DI QUESTI GORILLONI PER QUANTO RIGUARDA LE GENERAZIONI FUTURE. NON SONO POI COSI’ PRIVI DI CERVELLO. NON TI DISPIACE, VERO? AH, GIA’. TI SARAI ACCORTO CHE NON HO UTILIZZATO ESATTAMENTE LE TUE COSTOLE PER LA CREAZIONE DELLE TRE RAGAZZE. CERCA DI CAPIRMI, VOLEVO ESSERE UN PO’ ORIGINALE IN QUESTO NUOVO MONDO. PERCIO’, IN ATTESA DELLA PRIMA PROLE DA PARTE DEI GORILLONI, TI SALUTO, IMMORTALE! CIAO E ADDIO CIPPA… IN TUTTI I SENSI!”
Una roboante risata gorgogliò nel cielo e l’Omino fu solo con la sua immortalità, immobile come una statua, frastornato, a testa bassa e bocca aperta. Poi, nel nuovo mondo, fu gridata la prima, vera, grande bestemmiona, con una vocetta singolarmente alta e acuta…
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