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Condannato ad amarti

Pubblichiamo un racconto che abbiamo ricevuto da Nicola Ricchitelli. Nasce da una buona idea ed è sicuramente pregevole. Una rifinitura migliore lo avrebbe reso ottimo ma resta sicuramente godibile anche così.

 

Un caldo pomeriggio di Agosto; ero nella mia stanzetta; il caldo mi aveva fatto sudare già Sette camicie…mi misi a pensare come potevo ingannare il tempo; tante cose mi passarono per la testa, ma poi usci fuori al balcone, e la macchina di mio padre parcheggiata giù mi invitò a scendere, e a metterla in moto.

Era da molto che non facevo un giro da solo, io e lei. Misi in moto quella vecchia Renault, un giro per le vie del paese; Baruli, non è molto grande; saranno si è no 40.000 abitanti, ma comunque c’è da divertirsi. Infatti il Sabato sera, avviene una sorta di moto migratorio da parte dei giovani dei paesi vicini.

CAPITOLO 1 (L’INCONTRO)

Un caldo pomeriggio di Agosto; ero nella mia stanzetta; il caldo mi aveva fatto sudare già Sette camicie…mi misi a pensare come potevo ingannare il tempo; tante cose mi passarono per la testa, ma poi usci fuori al balcone, e la macchina di mio padre parcheggiata giù mi invitò a scendere, e a metterla in moto.

Era da molto che non facevo un giro da solo, io e lei. Misi in moto quella vecchia Renault, un giro per le vie del paese; Baruli, non è molto grande; saranno si è no 40.000 abitanti, ma comunque c’è da divertirsi. Infatti il Sabato sera, avviene una sorta di moto migratorio da parte dei giovani dei paesi vicini.

Feci un giro per il lungomare, poi mi incamminai verso la campagna lasciando la città alle spalle. Volevo andare a fare un giro a San Vincenzo, un paesino a circa una decina di km, ma sulla strada principale cera un gran traffico, cosi decisi di prendere la complanare. Giunsi in una zona dalle parti della vecchia chiesa di S.Nicola. qui di solito arrivato il tardo pomeriggio, è facile trovare prostitute sparse qua è là per le campagne.

Camminavo lento su quella strada; il fondo stradale era dissestato, quindi camminavo adagio cercando di evitare sassi, e pietruzze.

Tutto ad un tratto non potetti fare a meno di porre la mia attenzione, su un gruppo di ragazze; alcune erano sedute su grosse pietre, altre appoggiate agli alberi; ma la mia attenzione cadde su una in particolare.

Era sola, appoggiata ad un albero; aveva una sigaretta tra le mani e guardava fissa verso il cielo.

Parcheggio la mia macchina, sul ciglio della campagna….saranno sì e no le 19, il sole volge al tramonto. Mi avvicino a lei, e la saluto con un buonasera; lei buttò subito via la sigaretta; quella che si presentava davanti ai miei occhi era una ragazza di rara bellezza; occhi azzurri capelli neri, una minigonna mozzafiato, ….una dea; li chiedo il costo per un ora…,

<<150, ma sei un bel ragazzo, vediamo che si può fare>>;

insieme raggiungiamo la macchina, lei intanto mi prende la mano, io l’accompagno allo sportello, e da cavaliere lo apro …per poi occupare posto nell’abitacolo….lei accavalla le gambe, mi guarda con un sorriso smaliziato; dentro di me l’adrenalina sale a 1000, la tentazione era forte, ma non ero lì per quel motivo; non avevo mai pagato una donna; non credevo al sesso senza amore, e non avevo intenzione di farlo in quel momento, anche se il pensiero di avere tra le mie braccia quella ragazza, girava attorno alla mente, e faceva impazzire gli ormoni.

<< qui va bene>> mi chiede lei;

<< no! mi sento a disagio, troppi occhi>>, metto in moto la macchina, raggiungendo un posto più appartato…spengo la macchina; lei inizia ad accarezzarmi il viso, e man mano la sua mano scende giù, e prima che la situazione degeneri, la fermo….la sua espressione cambia di colpo!

<< non sono qui, per quello che pensi>> gli dico

la sua espressione cambia del tutto ora, e con aria minacciosa!

<< non ho tempo da tempo da perdere io, dimmi che caz…vuoi e riaccompagnami, dove mi hai prelevata>>; dalla saccoccia, tiro fuori, un biglietto da 100 euro, dicendoli;

<< tranquilla non hai nulla da perdere>>, mettendoglielo la banconota tra le mani!! Si tranquillizza;

<< sì ma che vuoi, che significa>>, aveva l’accento straniero, era rumena forse….

<< non ho mai pagato una dona per fare sesso; vorrei farti delle domande>>, il nervosismo torna ad impadronirsi di lei;

<< non sarai mica uno sbirro>>,

<< tranquilla>> le dico

<< sono semplicemente un ragazzo, fidati>>, si tranquillizza, finalmente;

<< dai avanti, spara…che vuoi sapere>> con tono seccato;

<< di che paese sei?>>

<< ma guarda questo qua, mi paga 100 euro, per sapere di che paese sono>> con un sorriso, che sembrava volermi prendere in giro;

<< rumena, di Bucarest, la capitale>>;

<< si, lo so che Bucarest, è la capitale della Romania, non sono qui per fare geografia>>, le rispondo un po’ seccato; ma capisco che avere quel tono, non serve a nulla, lei potrebbe innervosirsi, e alla fine tutto può andare a farsi friggere.

<< cosa pensi del sesso a pagamento?>>

<< per quelle come me, pensare è una perdita di tempo;>>

<>

<< niente, niente…..>> ora vedo delle lacrime che scendono dal suo viso, lei per non darle a vedere gira la testa guardando verso il finestrino…

<< tu paghi le persone per metterli il dito nella piaga….io sono pagata per farmi mettere qualcos’altro purtroppo>>; passano alcuni minuti, avvolti nel silenzio, né io né lei sappiamo come uscirne da quel momento; poi decido di prendere in mano la situazione..

 

 

 

<< so che non posso cambiare il mondo e non sono qui per farlo; ma sfuggire di vedere la realtà non ti aiuta;>>

<< che significa, sì più chiaro…i moralisti come te lì odio>>

<< anch’io; infatti io non sono un moralista, magari uno che non si sa fare i cazz…. suoi, quello si. Comunque volevo dire, che se in alcune persone, in passato non ci fosse stato un sentimento di ribellione, saremo sotto le dipendenze degli austriaci, o magari coi nazisti in Italia, magari gli stati uniti, erano sotto il dominio inglese, e voi in Romania, con Ceacescu al potere >>

<< bla bla bla, bla bla bla, oh ma che eri un ex prete, ma quante minchiate spari tu al secondo>>, mi risponde con un sorriso divertito; ora rido anch’io;

<< e la prima volta, che mi trovo in questa situazione >> guardandomi, con uno sguardo divertito; poi la situazione riprende con un tono un po’ più serio;

<< definire maiali, quelli che passano di qua tutte le sere, sarebbe riduttivo; ti mettono i soldi tra le mani, e tu devi fare tutto quello che ti chiedono; porcherie inaudite;>>

<< a chi vanno i soldi >> gli chiedo;

<< che domande sono queste, ma scendi dalle nuvole;ti sembro una che lo fa per piacere?>> mi risponde irritata, poi continua

<< a quei bastardi; non si accontentano mai, ogni mese ti chiedono sempre di più; minacciano di far del male alla mia famiglia in Romania, e così puoi solo tacere >>;

<< quanti anni hai>> li chiedo >>;

<< 23, sono tre anni che faccio, questa vita, fai un po tè >> mi risponde con tono ironico; poi continua di sua spontanea volontà;

<< arrivammo nel maggio del 2003, con un gommone; pagai una cifra altissima, per il viaggio; in Romania oramai, potevi solo fare la prostituta; ma non pensavo che arrivata qua avrei fatto questa fine; Bucarest, è piena di locali dove fanno prostituire ragazze e ragazzine; una vergogna; arrivano imprenditori, da tutti le parti dell’Europa, gente onorabile tanto per intenderci. Vengono padroni di locali, italiani, francesi, tedeschi. Tirano fuori assegni da 2000, 3000 euro, e portano via due, tre, ragazze; alcuni chiedono di provare la merce che devono comprare. Roba da pazzi; neanche fossimo oggetti; si è ritornato al tempo della tratta dei negri, o delle schiave >>.

Dal modo di parlare mi rendo conto che è una ragazza colta, intelligente, ma purtroppo con poca voglia di cambiare la realtà.ma poi va avanti con il suo racconto

<< è facile dire ribellati, ma questi hanno tentacoli ovunque, e anche se scappi, tempo tre, massimo quattro giorni ti ritrovano; ti riempiono di botte, e per punizione alzano la cifra che li devi portare; lo scrupolo, no fa parte delle loro menti; lo scorso anno una ragazza rimase incinta, avevano intenzione di farla partorire, e con il bambino erano indecisi, se ucciderlo e vendere gli organi, al mercato clandestino di organi, oppure venderlo ad una coppia. Avevano optato per la prima, la ragazza, quando capì le loro intenzioni riuscì a fuggire per un po’ di giorni e riuscì ad abortire; quando la ritrovarono, e seppero quello che aveva fatto, la picchiarono a sangue, con calci e pugni; e dopo quando si riprese, la costrinsero ad ore e ore a stare per la strada, doveva recuperare, tutti i soldi che li aveva fatto perdere. >> dal mio volto traspare una certa indignazione; lei si volta verso di me, mi guarda, con una mano mi accarezza il viso, per poi con il pollice mi accarezza sotto gli occhi; << vuoi che vado avanti o hai sentito abbastanza? >> io avevo preparato una serie di domande, ma lei aveva rotto tutti gli schemi; a dire la verità con il suo racconto, aveva dato già alcune risposte. Ci fu un attimo di silenzio…..

<< e tu quante ore stai in strada? >> li chiedo prendendo coraggio;

<< la tattica, e riuscire ad accalappiare persone di un certo ceto, non so… dottori, avvocati, ecc, due tre, di loro, hai raggiunto la cifra; quindi vanno via si e no 5-6 ore; quello che conta e portare la cifra stabilita da loro….naturalmente devi fare vedere che quei soldi li hai guadagnati in più tempo, altrimenti pretendono di più >>;

<< devo dire che come direttore di azienda ti vedo molto bene >> gli dico sorridendo;

<< ti è mai capitato di avere come clienti, forza dell’ordine…non so…carabinieri, finanzieri…>>;

<< certamente; mi capitato di innamorarmi di uno di loro, o meglio era una tattica per cercare di venirne fuori….ma niente, prometteva, ma non manteneva le promesse fatte >>;

<< hai fatto progetti per il futuro?>> li chiedo;

<< per noi non c’è futuro; per noi non c’è Dio, per noi non c’è nulla >>;

Intanto è trascorso circa un ora, lei mi chiede di accompagnarla; durante il tragitto c’è uno strano silenzio, poi lei mi chiede:

<< tornerai >>….un attimo di silenzio, la guardo, le sorrido;

<< perché me lo chiedi? Io non sono un Carabiniere >>;le rispondo sconsolato;

<< so che non puoi fare niente per me; ma mi piaci >>;

<< non posso mica spendere 100 euro ogni volta, per parlare con te >>; lei estrae i soldi che gli avevo dato, me li mette nella tasca;

 

 

<< sei la prima persona, che incontro…ti prego torna >>; intanto siamo arrivati, mi da un bacio sfiorando le mie labbra;

<< promettimi che torni >>;

la guardo…. << ok >>.

Lei sorride, ed esce dalla mia macchina. Rimango là per qualche minuto; fissa ad osservarla, mentre si allontanava per riprendere il suo posto di attesa; avevo paura a ritornare, e sapevo che quella non era una promessa ma una bugia. Misi in moto la macchina è andai via.

Mentre tornavo in città pensai a lungo, ha quello che mi avevo chiesto; essere un amica di una prostituta. Ma davvero voleva questo? Era una trappola? A cosa dovevo stare attento?

Con lei ero stato a mio agio; non pensavo che si poteva dialogare con una prostituta, è stare bene.


CAPITOLO 2 (UN PENSIERO FISSO)

Mi aggiro per i locali, ho la sigaretta accesa; né ho fumato si e no quattro o cinque; Mario, e Marco non fanno altro che sbavare su ogni ragazza in minigonna che passa, quando ad un tratto Marco rivolgendosi a me chiede:

<< oh, ma che ti sei venduto la lingua? >>;

lo guardo quasi scocciato, rispondendo << cavoli miei! >>;

I due si guardano sconcertati. C’è qualcosa che non va in me; ma non so cosa; o meglio fingo di non saperlo….mi chiedo perché penso solo a lei; a quel punto il pensiero di mantenere la promessa si fa viva nella mia mente.

<< ma no!! Convinciti che è una storia impossibile >> penso dentro di me, cercando di convincermi.

Raggiungiamo il resto della comitiva sul largone che fronteggia la chiesa. Me ne sto seduto sul cofano di una macchina, e nel frattempo ho acceso l’ennesima sigaretta.

Marika mi si avvicina, mi accarezza il viso, e mi inizia a baciare la guancia; so che ha una cotta per me, ma tiro la cosa per le lunghe, un po’ perché non voglio impegnarmi seriamente, un po’ perché devo conoscerla fino in fondo. La prendo per i fianchi, cercando di guardarla nei occhi, mi accorgo che quando la guardo il mio cuore non batte, almeno quelle emozioni che avevo provato tutto il pomeriggio solo a sentirla parlare, non le provavo con lei. La abbraccio forte, evitando che lei si accorga di quando sia confuso in quel momento; ma non ci riesco, infatti con voce sottile mi chiede:

<< che hai oggi? >>;

<< niente, niente, sono solo un po’ stanco; sai com’è mare, discoteche, l’estate ti distrugge >> le dico accennando un sorriso.

<< oh si!! Come no; poverino. >> e passandomi un dito sulle labbra, continua:

<< io un modo per tirati su lo avrei >>; guardandomi con un sorriso malizioso.

<< si! E quale? >> la guardo sorridendo;

<< bhè una passeggiata in spiaggia innanzitutto; poi una bottiglia di vino; e poi...quello che sarà, sarà >>;

So quello che vuole; ma non me la sento; non so perché; ma in quel momento c’è solo un pensiero che mi passa per la testa, LEI. Non sapevo neanche il suo; che storia assurda.

<< un programma al quanto interessante, però io domani dovrei aiutare mio padre ad imbiancare le pareti della nuova casa, e tu stasera non mi prometti nulla di tranquillo >> la guardo sorridendo; intanto l’entusiasmo scompare del tutto dal suo viso; << Ok!! Ok!! Come al solito prima il dovere, e poi …..va bhè >>; mi lascia solo seduto sul cofano della macchina senza salutare e senza dire altro, intanto si è avvicinato a Flora, lei sussurra delle parole nell’orecchio. Poi vedo Flora che mi guarda,

con uno sguardo, quasi a volermi dire, << ma che cavolo fai >>, ed insieme si allontanano verso il bar nella stradina che costeggia la piazzetta.

La serata oramai è andata. Mi incammino verso casa, pensando dentro di me…ma perché mi devo complicare le cose; e se oggi me ne restavo sul letto non era meglio….fanculo.

Nel frattempo sono arrivato giù al portone di casa; prima di infilare la chiave nella serratura del portone, ho un attimo di esitazione.

<< non sarà meglio, andare a fare un giro con la macchina, non so mi schiarisco le idee >>; in realtà so mentendo a me stesso; in realtà so dove voglio andare.

Metto in moto la Renault, prendo la strada che costeggia la litoranea, per evitare il traffico, e mi dirigo verso la campagna. È buio, ma riesco ad intravedere dei piccoli fuocherelli. Nel frattempo un pizzico di paura, mi è salita in petto. Lascio la macchina sul ciglio della strada, e tagliando per le campagne, raggiungo il posto dove nel pomeriggio avevo incontrato lei. Cerano molte ragazze sparsi qua e là, chi appoggiata all’albero, chi seduta per terra, una avvicinandosi a me, mi dice:

<< ehi bello che fai da queste parti? Non trovi più la mamma!!!! >> nel frattempo le sue amiche stanno ridendo di gusto. La guardo, ma mi rifiuto di rispondere. Ed intanto proseguo la mia ricerca, guardando in volto tutte, o quasi quelle là presenti.

<< ma dove la trovo >>; borbotto tra me.

<< dove trovi chi ?>> una voce si sente da dietro; mi giro di scatto…rimango impietrito per qualche secondo, era lei.

<< ciao !! >>;

<< ciao, come mai da queste parti? >> mi fa lei con un sorriso che la rende ancora più bella.

<< sai com’è, passavo da queste zone, e mi so detto, se non sbaglio da queste parti c’è qualcuno che conosco, perché non li andiamo a fare una visitina >>; lei ride divertita.

<< Sai oggi pomeriggio, abbiamo parlato, o meglio ho parlato solo io, e non ci siamo neanche presentati >>, poi tendendomi la mano << Mara >>; << Oscar >> le rispondo stringendole la sua..

<< bene!! Come va la serata >>, cercando di intraprendere un discorso;

<< và, và >>; sorridendomi. Poi mi prende la mano e mi conduce verso un posto più appartato. La pressione sale dentro di me. C’era una luna fantastica, c’era un aria che rendeva fantastico tutto anche se quella che avevo davanti ai miei occhi era il tremendo mondo della prostituzione.

 

 

Raggiungiamo un casolare abbandonato; entriamo dentro. Cerano cianfrusaglie sparse qua e là, aveva un tetto sfondato, ma si vedeva una luna che era uno spettacolo. La sua luce illumina quasi del tutto quel casolare, c’era una magia particolare che avvolgeva quel posto. Lei intanto stende un asciugamano per terra si siede, invitando anche me.

Mi siede accanto a lei, e con voce un po’ tremolante le chiedo:

<< siamo al sicuro qua >>;

<< e perché dovresti essere in pericolo!!in fondo è qua che ricevo i maiali >>;

<< ah!! Quindi io sarei uno dei maiali >>; le chiedo un po’ seccato.

<< ma quanto sei permaloso tu; mica ho un posto per i maiali, ed uno per quelli come te >>;

<< quelli come me; come >>; le chiedo incuriosito

<< oh ma sei un po’ tondo tu; questo e tutto quello che ho; quindi…non rompere >>;mi risponde seccata. Poi continua: << dimmi piuttosto, già ti mancavo >>, mi chiede.

<< no!!… e che… >> in verità non so come porre la questione.

Lei intanto di fronte al mio imbarazzo, mi guarda sorridendo. Mi abbraccia, appoggiando la testa sul mio petto. Io non posso fare a meno che abbracciarla.

<< grazie!! Mi stai regalando un momento bellissimo >> con voce sottile.

<< guarda che ti solo abbracciando >>;

<< si! Ma io l’ultima persona che ho abbracciato, è stato mio padre >>; e alcune lacrime scendono dal suo viso. Le accarezzo il viso, poi le bacio il capo. Lo sguardo cade lungo il suo corpo, è bellissima…quella minigonna che tiene scoperta le gambe accendono irrefrenabili desideri.

Ma non voglio fare quei pensieri, anche perché potrei rovinare tutto, ed io non voglio proprio rovinare quella notte magica.

I nostri sguardi si incrociano, io non riesco a non guardare quei occhi azzurri, il nostro abbraccio si fa più stretto, quasi a voler fondere in un'unica persona.

Passiamo tutta la notte insieme, senza dirci nulla sdraiati su quel asciugamano, abbracciati, lei con il suo capo sul mio petto, sussurrandoci << ti voglio bene >> nell’orecchio; ed ogni volta il nostro abbraccio si faceva sempre più forte. Vedemmo assieme l’alba, il suo viso sembrava sereno. Mi alzo, le do una mano a tirarsi su. La guardo negli occhi, accarezzandole il viso, e le chiedo:

<< ci vediamo >>;

<< si!!grazie per questa notte magica >>;mi bacia, la guancia, prendendo per metà le mie labbra.

Vado via, mi avvio verso la mia auto, poi mi giro, lei là appoggiata sull’uscio della porta. Un forte senso di impotenza mi prende la mente. Il solo pensiero di non poterla avere al mio fianco, mi fa stare male, troppo male.


CAPITOLO 3 (IL CORAGGIO DI INCONTRARTI)

Da quella notte magica sono passati oramai circa due settimane. Ogni pomeriggio vado in campagna, ma al momento di scendere dalla macchina, e andare da lei, il coraggio viene meno. Sono un vigliacco; da quanto lo incontrata, non apro più neanche un libro; il mio umore non so neanche descriverlo; cupo, triste, confuso.

Ero nella piazzetta, io e Marco, parlavamo dell’Inter, lo prendevo in giro, dicendoli, che loro potevamo vincere solo la coppa Italia. Ad un tratto sento delle braccia stringersi, attorno al collo, con annesso bacio; mi giro ed era Marika.

<< ma sei sparito?? >>; mi chiede lei, con un sorriso disarmante. Sicuramente quella sera era stata bella, ma avevo anche litigato con Mary, è questo un po’ mi dispiaceva….

<< bhè devo dare un bel po’ di esami, l’estate è finita…. >>; le rispondo, ma lei mi interrompe.

<< che né dici di un cocktail >>;

<< ok >>; ci incamminiamo verso il locale più vicino. Entriamo dentro è prendiamo posto nel privè. Dopo aver ordinato io un cocktail, e lei un succo al pompelmo, inizia la nostra discussione.

<< allora…come mai da quella sera non ti sei fatto più vivo?>>;

<< penso di averti già risposto >>; le rispondo seccato. Poi un attimo di silenzio.

<< cosa vuoi da me? Perché pensi che ti debba delle spiegazioni?>>; riprendo io.

<< che stupida che sono; come ti devo dimostrare….

<< dimostrare cosa? >> le chiedo incuriosito.

<< TI AMO >>; mi dice, con voce e sguardo deciso.

La guardo, ma non so che dire. Dopo un minuto mi alzo innervosito, passo alla casa pago il conto e vado via. Lei rimane là, non è sconvolta, sa che non è una situazione facile. Mi ha fatto sentire in colpa; non avevo chiesto nulla.

Me ne vado sulla spiaggia a vedere il mare; me ne sto seduto sulla sabbia; penso a Mara, e penso a Marika. Il primo un amore sicuro, una brava ragazza, che sa amare un ragazzo; la mia famiglia sarebbe contenta di lei. Ma io le voglio solo bene, e volere bene, non significa amare. Il secondo, è un amore impossibile; ma io di Mara me ne sono innamorata. Ma tra me è lei, c’è soprattutto il suo destino. L’unica maniera per dimenticarla e non vederla più.

Sono oramai le 23:30, vado alla piazzetta, e vedo Marika seduta sui gradini della chiesa. La raggiungo la guardo negli occhi, e la bacio. Un bacio lungo, passionale, impegnarmi dal punto di vista sentimentale, può essere un’altra soluzione.

Lasciamo la piazzetta, mano nella mano. Lei è stordita, ma è troppo felice. Lungo la strada, proviamo ad abbozzare un discorso, ma l’emozione è troppo forte, almeno da parte sua.

Arriviamo davanti al portone di Marika, lei mi saluta, le sue braccia si stringono attorno al collo, e mi bacia. La saluto, e pian piano mi avvio verso casa. Emozioni forti si, ma nella mia mente il viso di Mara mi è rimasto impresso; voglio andare da lei, è più forte di me. Ma non posso fare dopo almeno ½ ora che mi sono fidanzato, fare una cazzata. Spiegare a Marika sarebbe difficile, e lei non mi capirebbe.

Ma non so perché, Raggiungo il portone di casa, salgo per prendere le chiavi, e poi dopo aver messo in moto la macchina, decido di andare da Mara. Ho paura della sua reazione, non so come mi accoglierà.

Sono circa l’una di notte quando arrivo sul posto; dopo aver attraversato la campagna, davanti a me mi si presenta un uomo grasso, calvo, ben vestito. Incrocia il mio sguardo, poi con rapidità raggiunge la sua auto. Cerco di individuare Mara, riconosco però, la ragazza che mi aveva preso in giro la scorsa volta; mi si avvicina, ha una sigaretta tra le mani, dei pantaloncini corti, capelli lunghi castani e occhi verdi. Cerca di ostacolarmi;

<< ma che vuoi? Ti dispiace farmi passare? >>; le chiedo con una cera insistenza.

<< ah stronzetto, ma che pensi, basta fare quello bravo, per guadagnarti, delle scopate gratis >>;

<< dov’è Mara? La conosci vero? >>; le chiedo, ignorando quello che mi aveva detto.

Subito sento una voce:

<< lascialo Amanda >>; era lei, era Mara; si avvicina dicendomi:

<< che cazzo vuoi? >>; mi chiede con tono acceso.

<< vorrei parlarti!! >>; le dico con decisione;

<< andiamo!! Anche dei stronzetti come tè, hanno diritto a dire la loro >>, con un tono acceso.

A quel punto Amanda la sua amica si toglie di mezzo, facendomi passare,

Mi porta, nel casolare, accende una lanterna, è mi offe una sedia. Poi mi dice:

<< avanti spara, che cazzate devi raccontarmi >>;

<< mi sono fidanzato >>; attacco con voce tremolante;

<< auguri stronzetto auguri e figli maschi, ma ora per favore esci fuori di qua >>; lanciando nel frattempo una sedia contro il muro

<< ti amo Mara >>; lei, si calma tutto ad un tratto.

<< ma che romantico…..!!!>> con un tono, quasi a volermi prendere in giro.

 

 

<< volevo dirti solo questo; >>; giro i tacchi ed esco dal casolare. Avrò percosso si e no un paio di metri, quando alle spalle mi arriva la sua voce che mi dice:

<< domani che fai, torni e dici che mi vuoi sposare >>;

<< non ci sarà domani, ciao Mara >>; le dico con tono sconsolato. Poi lei mi raggiunge e prendendomi la mano mi ferma. Giro gli occhi verso di lei, ci fu un attimo di silenzio; attimo in cui il cuore sembrò raddoppiare i suoi battiti. Poi prendemmo a baciarci. Un bacio lungo, carico di

passione; poi mi condusse nel casolare, e quel lungo bacio si trasformò in una lunga notte di passione. Dopo rimanemmo abbracciati, fin quando il sole non tornò ad illuminare i nostri visi.

Lei era immersa il un lunghissimo sonno; io presi le mie cose raggiunsi la macchina, e dopo aver messo in moto, tornai a casa.


CAPITOLO 4 (COSTRUIRE LA REALTA’)

Me nè sto sdraiato sotto l’ombrellone. Non mi va neanche di andare a fare un bagno. Marika esce tutta contenta dall’acqua mi dà un bacio, e si sdraia accanto a me dicendomi:

<< ma perché non ti viene a fare un bagno? Approfittane no!! Quando riavremo un mare così pulito!!>> intanto con il suo spruzzino prende a bagnarsi la pelle.

<< non mi va!!; tanto quest’acqua la ritroveremo in Sardegna tra una settimana >>; le rispondo un po’ seccato.

<< va bhè >> poi mettendomi le braccia attorno al collo ed iniziandomi a baciare il collo, mi sussurra:

<< non vedo l’ora che arrivi Lunedì passeremo due settimane bellissime >>; poi decide di girarsi di pancia rivolta al sole.

Già due settimane bellissime. Con Mara che non fa altro che andare e tornare nella testa. Ma so che la devo dimenticare, so che il mio futuro è Marika.

È talmente innamorata, che già parla di matrimonio. Non voglio farla soffrire e quindi è ora che metto la testa a posto.

Partimmo per la Sardegna, e non c’è che dire, quei dodici giorni furono davvero magici. Fu la prima volta che feci l’amore con Marika, e tutto sembrò andare a meraviglia.

Oramai tutto andava a meraviglia, amore, studio; sembrava strano, era la prima volta, che avevo questa sensazione.

Non avere nulla da chiedere a Dio e a nessuno; mi ero convinto, che Mara non era stato altro che una infatuazione, è che il vero amore era quello che stavo vivendo con Marika.

Ero felice anche per questo; il fatto che ha tutto poi c’è una soluzione, mi faceva stava bene.

Ma poi una sera mi resi conto, che a tutto bisogna dare conto, e che niente avviene per caso, soprattutto, nelle cose che fai c’è sempre un seguito, è non è come un film, dove tutto finisce davanti alla parola FINE.

Erano passati oramai tre mesi da quell’estate così strana. Io avevo ripreso a studiare; cosi come Marika. Erano passati anche tre mesi da quando ci eravamo messi insieme, è già progettavamo il nostro futuro.

Ci saremmo sposati appena laureati; avremo lasciato il nostro paese, per andare in una grande città. Il nostro paese era troppo piccolo per le nostre ambizioni. Io volevo fare l’ingegnere, lei la fisioterapista.

Avremmo avuto dei figli, è di lì in poi vivere per loro. Quando due ragazzi si vogliono bene, pensano soprattutto a questo. Anche se penso che noi eravamo gli unici a pensarla così. I giovani della nostra età non pensano oramai più al matrimonio; del resto le statistiche parlano chiaro.


CAPITOLO 5 (UNA SERA PER CASO)

Erano si è no, le 23:30; avevo parcheggiato l’auto di fronte casa mai, come facevo di solito. Sui gradini del portone, non faccio a meno che notare seduta una ragazza.

<< sarà l’amica di Marta, la ragazza del terzo piano >>; pensai tra me; scendo dall’auto, chiudo la macchina è mi avvio verso il portone.

Metto la chiave nella serratura, quando ad un tratto la ragazza si rivolge a me dicendomi:

<< abita qua un certo Oscar >>; lei ha la testa abbassata; ma mi affretto ha rispondere:

<< sono io >>; poi lei alza la testa, è guardandola in viso, ecco che il mio cuore sembrò tutto ad un tratto saltarmi in gola. Le corde vocali mi sembrano scappare, e penso che sul mio viso il bianco abbia preso il posto del normale colorito. Era Mara. Era vestita in jeans, con un maglione nero, è aveva i capelli raccolti. Tutto ad un tratto mi dimenticai chi ero, che vita facevo….la sua presenza là aveva di colpo cancellato tutto, e mi riportò davanti a me i ricordi di quelle notti magiche.

Ci furono diversi attimi di silenzio, ma poi decisi di prendere in mano la situazione.

<< che ci fai qua? Come hai fatto ha trovarmi? >>;

<< sai ho ottime qualità di investigatore; una domanda qua e là, è il gioco è fatto >>; risponde lei abbozzando un sorriso. Poi riprende

<< che fine hai fatto? Pensavi di trattarmi come una puttana anche tu? >>; ora il suo tono non è più calmo come sembrava essere.

<< pensavo che eri diverso!! Alla fine cosa ti avevo chiesto, semplicemente una chiacchierata di tanto in tanto; cosi giusto per farmi sentire una persona, è non solamente……va bhè lasciamo stare >>;

<< le cose sono cambiate >>; gli rispondo, cercando di spiegare ma poi lei mi interrompe e riprende con il suo di discorso.

<< ah si!! Comunque ora non mi frega più niente; oramai ho capito chi sei, ho capito chi sono. E comunque sono qua per un altro motivo. Ricordi quello che è successo tre mesi fa vero?>>;

<< si!! Abbiamo fatto l’amore>> le rispondo;

<< e sai pure come l’abbiamo fatto!! Cioè, voglio dire, ricordi che non avevi messo il preservativo >> riprende lei…..

<< si si!! Questo lo ricordo, ma che centra? Dove vuoi arrivare? >>; riprendo io incuriosito,ma un pizzico di preoccupazione inizia ad assalirmi;

<< voglio arrivare a dirti, che questa bravata, ora la dovremo pagare a caro prezzo >>; mi risponde lei.

<< che vuoi dire? >> le chiedo ancora di più preoccupato,

<< voglio dire che sono incinta >>.

Fu una bastonata…..non sapevo che dire, ma soprattutto che pensare, come agire. Per qualche attimo mi mancarono le parole, volevano venire fuori, ma avevo l’impressione che si fossero bloccate chissà dove. Mara di certo era una tipa che non usava giri di parole; oppure usasse i cosi detti mezzi termini. Arrivava subito al dunque.

Era un gran bel casino, gli chiesi, per avere conferma anche se non cera il minimo bisogno:

<< naturalmente il padre sarei io? >>

<< si! Ma non è questo il punto. Sai a cosa andrei incontro vero? Ricordi di quella conversazione il primo giorno che ci siamo conosciuti vero?>> mi chiede;

<< si lo ricordo >> ero sconsolato, gli chiesi un po’ incuriosito:

<< che certezze ho che questo bambino sia mio >>; ma lei a questa domanda mi rispose incazzata

<< sei l’unico stronzo a cui ho concesso di farlo senza preservativo; è comunque se sei l’uomo che vuole certezze, facciamo il test del DNA, ok? Ti va bene cosi?>>.

<< che significa test del DNA, vuoi dire che lo farai nascere, e poi fartelo portare via?>> le chiedo e nel frattempo inizio ad agitarmi.

<< certo!! E soprattutto sappi che questo bambino non me lo porterà via nessuno!! Qualche modo, troverò di crescerlo. Non avrà altra madre al di fuori di me; il padre è un stronzo è possiamo anche farne a meno, ma della madre no.>>; è agitata, intanto sul suo viso vedo delle lacrime; sarà stato l’istinto, ho quel sentimento di amore che avevo ancora per lei e che pensavo fosse andato via; ma mi venne naturale stringerla tra le mie braccia, e sussurrarle:

<< questo bambino avrà un padre!! Il vero padre. Vedrai che qualcosa m’invento, non finirà cosi >>. A quelle parole mi sembrò tranquillizzarsi.

Mi resi conto che da quel momento in poi le cose sarebbero cambiate; sarei diventato papà. Ma non ero questo il problema.

Bisognava mettere in atto un piano per sottrarla ai suoi protettori. Naturalmente avevo bisogno d’aiuto. La riaccompagnai nella campagna dove di solito riceveva i suoi clienti; al momento non bisognava dare sospetti. Se qualcuno si fosse accorto del suo stato, erano guai. Ma soprattutto bisognava stringere i tempi; più sarebbero passati i giorni, è più la pancia sarebbe venuta fuori.

 

 

 

Ma cera dell’altro; ora cosa avrei raccontato a Marika? Chi poteva aiutarmi a venire fuori da quella situazione? Da solo non avrei combinato nulla.

Dopo aver accompagnata Mara, me ne tornai a casa; mi buttai sul letto della mia camera.

Passai tutta la notte senza chiudere occhio. Guardavo e riguardavo quella madonna appesa al muro. Sapevo che non cera bisogno di non chiederle nulla, perché lei sapeva già tutto. Mi chiedevo perché sapeva e non faceva nulla. Poi ad un tratto, mi alzai dal letto; l’immagine era appesa in alto sopra la porta d’ingresso della mia camera. Presi una sedia, e salii sopra per toglierla dal muro, e la riposi appoggiata sullo schermo del mio pc. Poi mi sedetti, ed iniziai a parlare. Parlai a bassa voce tutta la notte. Era strano. Sembrava che fossi diventato pazzo; ma lei era la madonna, è pazzo sarei stato se non mi sarei rivolto a lei.


CAPITOLO 6 (UN COLLOQUIO MOLTO SPECIALE)

Era davanti a me; dietro al vetro del quadro; non sapevo come iniziare.

Era la prima volta che facevo una cosa di questo tipo; erano anni che non andavo più in chiesa, è avevo dimenticato addirittura le preghiere più diffuse come AVE MARIA e il PADRE NOSTRO. Non avevo mai pregato davanti ad una immagine sacra, non sapevo come si facesse, e non sapevo come iniziare.

Però nonostante tutto avevo una gran fede, avevo rispetto per la Madonna, e credevo in DIO, come si dice di solito, ero un Cristiano non praticante.

L’immagine me la aveva regalata mia nonna. Avevo sì e no 9-10 anni. Poi mi padre ne fece un quadretto e appese nella camera.

Mio padre era un instancabile uomo di chiesa; era molto devoto, è a volte mi chiedevo come mai io non fossi diventato come lui.

Il quadro della Madonna era in una posizione strategica, e sembrava controllare tutto. Mi aveva visto piangere per i primi amori finiti male, e fare urla di gioia per le vittorie del Milan.

Passarono diversi minuti, prima che mi rendessi conto di quello che stavo facendo, ma poi sarà stata quella carica di fiducia che veniva fuori dal quel quadro che ruppi il ghiaccio; lei sembrava guardarmi negli occhi, ed io inizia balbettando qualcosa tipo:

<< l’ho combinata grossa vero? Sto in un bel casino?>>; poi le parole venero fuori da sole.

<< un problema così grosso…. e siamo solamente io, Mara, e se lo vuoi anche tu; >>.Ci fu un attimo di silenzio. Cercavo di trovare le parole giuste. Sentivo come il bisogno d’essere convincente.

<< non pensavo di ritrovarmi in una situazione cosi complicata, cosi da un giorno all’altro. Tu sai che non c’è nessuno che può aiutarmi se non tu. Dirlo a mio padre sarebbe da pazzi, li prenderebbe un infarto; e poi quella e gente pericolosa e coinvolgere la mia famiglia non me la sento >>; ancora una pausa, poi ripresi:

<< ti prego, fammi venire un idea; in corpo non ho altro che paura >>. Ci furono attimi di silenzio, è il fatto che non pensavo ad altro, che a quello che poteva succedermi mi bloccava i pensieri.

Poi iniziai in un pianto che durò per circa dieci minuti; la porta della camera era chiusa. Se si fosse alzato qualcuno, vedendomi in quello stato si sarebbe preoccupato.Quelle lacrime sembrarono portarmi fuori tutto,compreso la paura che mi sembrava bloccarmi.

Idee concrete non io vennero; ma dentro di me ritrovai la grinta necessaria per affrontare le situazioni difficili. Anche se questa situazione non era classificabile, nella voce: problemi di un giovane ventiduenne. Però mi sentivo pronto a tutto; passai la notte stato seduto alla sedia con lei davanti ai miei occhi. Ha volte mi sentivo ottimista, altre volte pessimista. Ma poi mi tranquillizzavo, ogni qual volta guardavo la figura della Madonna.

Arrivò la mattina, è avevo gli occhi che facevano fatica a stare aperti. Dovevo andare all’università, e seguire le lezioni; anche se con quello che avevo dentro, il tutto mi sembrava un impresa. E per di più con gli esami da affrontare da lì ad un mese.

Saranno state si è no le sette di mattina, è Marco suonò il campanello di casa. Andavamo insieme all’università, e lui passava a chiamarmi.

Raggiungemmo la stazione, per prendere il treno. Durante il tragitto non riuscivo a dire una parola, mentre Marco era un fiume in piena; parlava del Milan, di Pelù, argomenti che mi avrebbero suscitato interesse in altri momenti, ma che in quel momento non attiravano in me grande attenzione.ed infatti tutto questo, non sfuggì al mio amico.

Marco era come un secondo fratello, a lui non ci si poteva nascondere nulla; eravamo cresciuti assieme. Ed insieme condividevamo tutto, gioie e dolori. Abbiamo frequentato le scuole elementari, medie, e superiori, ed ora stavamo frequentando lo stesso corso di studi all’università.

Avevamo giocato nella stessa squadra di calcio, lui attaccante, ed io mediano; lui il numero undici, ed io il sei. Ed abbiamo fatto insieme comunione e cresima. Non avevo scampo; soprattutto tenermi quel fardello di pensieri, non mi faceva bene, è così decisi di raccontargli tutto.


CAPITOLO 7 (IL PIANO)

Eravamo sul treno; le stazioni man mano ci passavano davanti agli occhi, Marco si fece sempre più insistente e mi disse:

<< non pensi che sia giunto il momento di dirmi che cavolo ti stà succedendo >>; mi chiede Marco deciso.

<< dirti cosa? >> gli chiedo.

<< bhè fai un po’ te….sono mesi che sei strano. Parli poco, non esci quasi mai la sera, sei più qua che di là; a me questo non sembra tanto normale. Un tempo mi avresti detto tutto, al costo di chiamarmi alle due di notte. Ed ora? >>; mi sembra deluso, a quel punto decisi di tirar fuori tutto quello che avevo detto.

<< bhè qualcosa è successo…..ma credimi dirti quello che mi è successo, non servirà niente >>. Poi attaccai con il racconto.

<< Era Agosto; di pomeriggio per la precisione. Stavo sopra casa mia a guardare la tv è dato che non cera nulla d’interessante da guardare, decisi di prendere la macchina è andarmi a fare un giro. Non sapevo dove andare, cosi decisi di andarmi a fare un giro a San Vincenzo (frazione che dista a circa 10 km dal paese). Dato che cera traffico, decisi di prendere la complanare, quella che si trova nella zona della vecchia chiesetta di San Nicola. Là come ben sai già attorno alle cinque ci sono le prostitute. Ci fu una che mi colpì in modo particolare, cosi parcheggiai la macchina, mi avvicinai a questa ragazza è mi finsi un cliente. La feci salire sulla macchina e andammo in una zona appartata. Lei credeva che volessi fare sesso, ma le dissi che io non volevo, ma volevo solo parlare. Pensa che la pagai 100 euro.>>;

<< ah….tu paghi le prostitute per parlare. Lo dico che sei strano >> interrupe Marco, ma poi io ripresi con il mio racconto.

<< si ok!! Sono strano!! In ogni modo non è questo il problema. Parlammo per tutto il pomeriggio; gli feci alcune domande; poi arrivò il momento di salutarci è lei mi chiese di tornare. Io all’inizio non volevo, poi decisi di vederla di tanto in tanto. Anzi per la precisione ci siamo visti compreso quel pomeriggio per tre volte, ed è successo quello che successo >>.

<< perché che vuoi dirmi che ti sei innamorato di lei? E Marika? >>;

<< credimi non è lei il problema in questo momento!! Quello che voglio cercarti di dirti è che in queste tre volte che ci siamo incontrati è successo di tutto. In poche parole questa ragazza è incinta è il padre sono io >>. Il volto di Marco cambiò di colpo.

<< ma come fai a farti fregare in questo modo!! >> Marco era pronto a sparare sentenza, ma io subito ripresi:ù

<< senti!! Puoi dirmi tutto quello che vuoi, ma il problema è un altro. Sia che io sia il padre, sia che io non lo sia, i protettori di Mara >>

<< Mara si chiama? >> interruppe lui, poi io ripresi:

<< Si!! si chiama Mara; se quelli sanno che è incinta, il bambino lo fanno nascere, è lo vendono ad un'altra famiglia, oppure lo uccidono e vendono gli organi al mercato clandestino. È poi alla nascita faremo il test del DNA per sicurezza. In ogni modo sento che questo è mio figlio, e su mio figlio nessuno deve mettere le mani >>. Ci fu un attimo di silenzio. Nel frattempo arriviamo a destinazione, andammo nel bar della stazione prendemmo posto al tavolino per bere un cappuccino, è lì accadde una cosa che mi colpì. Marco si rivolse a me dicendomi:

<< io sono con te!! >>; quella frase mi sembrò venire dal cielo, poi prosegui:

<< la casa che ho “Città Paradiso”…potremo farla scappare e tenerla là fin quando non partorisce; poi vedremo. Magari poi vediamo che soluzione trovare; possiamo farla assumere nella azienda di mio padre ad esempio, anche se quello che mi preoccupa, è l’organizzazione criminale che cè dietro. Però penso che quello che dobbiamo preoccuparci ora è quello di fare scappare la ragazza >>. “ Città Paradiso” era una frazione che distava a circa 25 km dal paese. Lì di solito i ricconi del paese ci andavano a trascorrere le vacanze. Marco poi mi propose di attuare subito il piano:

<< senti, prendiamo il treno delle 9:30, è lo facciamo oggi stesso >> questa proposta mi colse di sorpresa,avevo molte perplessità in merito; una delle quali era la famiglia di Mara. Ricordavo le parole che mi aveva detto la prima volta che ci eravamo conosciuti, è cioè che se loro provavano a

scappare chi ne avrebbe fatto le spese era la famiglia che si trovava ancora nel loro paese. Feci notare questo particolare a Marco. A quel punto lui mi rispose:

<< senti…secondo me questo è l’unica soluzione possibile, parlane con la ragazza; ma in fretta!!lo sai che non cè nemmeno un secondo da perdere vero? >> mi chiede lui.

<< lo so, lo so >>; gli rispondo. Mi sembrava più preoccupato di me. Ma Marco è così; viveva i miei problemi come se fossero suoi, e anch’io ero mi comportavo così nei suoi confronti quando egli né aveva uno.

Tornammo a Baruli con il treno delle 9:30. lui prese la macchina è raggiunse “Città Paradiso”; pensava che il piano si poteva attuare da subito; io presi la mia di macchina e raggiunsi la zona della vecchia chiesetta, con la speranza di trovare Mara.

 

 

Di solito di mattina non cera nessuno; loro vengono fuori quando il sole scompare. Avevo una grande paura, di quello che poteva succedere.

Avevo paura, per quello che poteva succedere a me a Mara, al bambino. Ma soprattutto avevo paura di coinvolgere la mia famiglia. Avevo un fratello, è una sorella più piccoli di me. Non volevo che alla mia famiglia fosse fatto del male; e poi per colpa mia.

Sentivo la responsabilità di dover fare da scudo a troppe persone, e non sapevo quanto poteva essere resistente.

Arrivai alla zona della vecchia chiesetta, e come pronosticato non cera nessuno; non cera Mara, né le sue amiche.

Quella campagna aveva un altro volto; forse era una maschera….chi può saperlo.

Cera un contadino che se ne andava con il suo trattore su è giù per i campi, e tutto sembrava normale. A seconda delle luci del giorno, cambiavano gli attori.

Chiamai Marco sconsolato e gli dissi che il tutto si doveva rimandare in serata. Lui sembrò molto seccato dalla cosa. Era uno d’azione lui è le cose le piaceva fare al momento; quindi rimandare per lui fu una seccatura, ma non si poteva fare altrimenti.


CAPITOLO 8 (LA FUGA)

Saranno si è no le 19 di un giorno di Novembre. Oramai la luce del sole va via prima, dato il cambio d’orario. Scendo di casa, è dopo aver messo in moto la mia Renault, mi avvio verso la zona della vecchia chiesetta. La speranza naturalmente è quella di trovare Mara.

Arrivo, ed è di grande conforto il fatto che qualche ragazza cè; anche se Mara non riesco ad individuarla. Quello però su cui pongo l’attenzione, è un uomo di corporatura robusta; aveva la testa rasata, è stava parlando con Miranda l’amica di Mara, che da quello che mi sembra di capire, non nutre grande stima per me.

La presenza di quel uomo un po’ mi inquieta, quindi aspetto prima che vada via. Infatti dopo pochi minuti, saluta Miranda, si fa per dire, o meglio a modo suo, è cioè dandogli una pacca sul sedere, palpandolo; raggiunge la sua Rover parcheggiata sul ciglio della strada è va via.

A quel punto tempestivo esco dalla macchina, è vado incontro a Miranda.

<< Ciao >>; lei mi riconosce fin da subito, è il suo atteggiamento nei miei confronti è amichevole.

<< Ciao >> e senza che dicessi una parola mi dice:

<< vieni seguimi >>; da lì capì che Mara si era confidata con lei, è che quindi sapeva già tutto. Raggiungemmo il casolare, quel casolare che era stato teatro di quelle due notti da sogno, ma che mi aveva cacciato in un bel casino.

Entrando dentro Miranda urla:

<< vedi un po’ chi ti ho portato?>>; entro anch’io è vedo che Mara era a terra a leggere il Corriere della Sera. Appena mi vide mi venne incontro, è ci abbracciammo. Poi Miranda si congedò dicendo:

<< bene, io vado. Da quello che vedo avete da dirvi un po’ di cose >> è rivolgendosi a me disse: << buona fortuna ragazzo >>. È usci fuori, dal casolare.

<< come stai piccola!! >>; le chiedo, è non potetti fare a meno di perdermi nei suoi occhi, e nella sua bellezza.

<< ho vissuto giorni migliori; anche se sono lontani anni luce >>; mi risponde lei, è dal suo viso intravedo un po’ di nostalgia. Doveva essere davvero felice in Romania. Poi riprende:

<< ora dovremo pensare a lui, il resto non conta!!che notizie mi porti >> mi chiede lei.

<< io avrei trovato una soluzione; volevo sapere se tu eri d’accordo!!>>

<< sentiamo>>;

<< io penso che l’unica soluzione sia quella di scappare!!>> Mara iniziò ad agitarsi, e si rivolse a me con tono preoccupato:

<< scappare dove? Questi fanno un macello se scappo; è soprattutto la mia famiglia in Romania >>; le mie perplessità avevano trovato conferma. Poi riprendo con la mia proposta:

<< senti! Marco un mio amico, ha una casa ha 30 km dal paese. Starai là tutto il tempo della gravidanza. Naturalmente non ti mancherà nulla, è nessuno ti troverà >>; ma lei non riusciva a calmarsi, ed intanto inizio a piangere.

<< la mia famiglia, la mia famiglia >> ripeteva. L’abbracciai, cercando di farla calmare; è all’orecchio le sussurrai:

<< tranquilla!! Troveremo una soluzione anche per loro; ma andiamo per gradi. Ora quello a cui dobbiamo pensare è andare via da questo posto maledetto. Se questi scoprono la gravidanza è un gran casino >>; sembrò convincersi, ed infatti:

<< ok!! Ma di questo Marco ci possiamo fidare?>> mi chiese dubbiosa lei;

<< Marco per me è un fratello; ti puoi fidare ad occhi chiusi >>; a quel punto restava attuare la fuga. Lei si guardò attorno per capire cosa doveva portarsi. Infatti non sarebbe più tornata. Io le consigliai di prendere nulla; qualcuno ci avrebbe potuto dare problemi.

Avrei provveduto io, a dargli il vestiario necessario.

Uscimmo dal casolare mano nella mano; dando l’impressione che io fossi un cliente. Passammo davanti a Miranda, camminando lentamente. Le due amiche si guardarono; sembrarono volessero dirsi addio.

Tra Mara e Miranda cera lo steso rapporto che cera tra me e Marco. Erano venuti insieme in Italia, con la speranza di trovare lavoro, con i loro guadagni avrebbero aiutato la loro famiglia; ma purtroppo la cattiveria dell’uomo è stata più forte. A volte quando qualcuno mi dice che per tutti cè la resa dei conti, mi rispondo che è solo retorica.

Raggiungemmo la macchina e dopo averla messa in moto, ci allontanammo dalla campagna. Lo guardò a lungo quello scenario; Tre anni della sua vita, vissuti senza dignità. Tre anni della sua vita tra la campagna ed una macchina di circostanza; e soprattutto, chiamare casa quel vecchio casolare abbandonato.

Mi stavo mettendo contro qualcosa più grande di me; ma mentre mi allontanavo da quel posto, cresceva in me l’autostima. Si perché prendendomi le mie responsabilità stavo dimostrando a me stesso, e a chi mi stava attorno che ero un uomo. Anche se non né ero sicuro.

 

 

La mia preoccupazione era come comportarmi con Marika; dirgli la verità sarebbe significato perderla. Ed io non volevo questo. Per la verità ero in un grande stato confusionale. Dentro di me rimisi in dubbio i miei sentimenti, anche se pensando ai bei momenti che avevamo passato insieme mi convinsi che il nostro era amore. Ma di Mara? Da lei avrei avuto un figlio!! Come fa un ragazzo di 22 anni ad affrontare questa situazione più grossa di lui? Alla fine mi convinco che l’unica soluzione e di non dire niente a Marika.


CAPITOLO 9 (CITTA’ PARADISO)

Durante il tragitto, che ci portò dalla campagna alla città, Mara non disse una parola. Sembrò essere bloccata dalla paura.

Giunto in città parcheggiai la macchina è chiamai Marco;

<< ehi Mà!!! Io sono pronto; qua con me cè Mara >>; lui mi rispose seccato:

<< era ora! Da stamattina non faccio altro che vedere il mare a destra, e le mucche a sinistra. Muoviti io sto qua, ti aspetto >>; e chiuse il telefono.

Quel suo atteggiamento scontroso, era una sua caratteristica; soprattutto non riusciva a stare solo nemmeno un minuto.

Era stato solo tutta la giornata nella sua casa di “Città Paradiso”, nell’attesa che ricevesse la mia chiamata.

Poi mi rivolsi a Mara dicendoli:

<< vedrai starai da Dio nella casa di Marco; cè tutto, tv satellitare, schermo a plasma, vasca a idromassaggio >>; non mi rispose. So che non poteva fregargli nulla di questo; ma era un modo per cercare di farla parlare, anche perché quel silenzio mi preoccupava. Poi gli chiesi:

<< ma che successo? Non è che per caso hai cambiato idea?>> lei subito mi rispose:

<< che né sarà della mia famiglia in Romania ora?>> quel pensiero non riusciva a farla stare tranquilla. Percorremmo tutto il tragitto che collega Baruli, a “Città Paradiso”, nel più assoluto silenzio. I soliti pensieri mi correvano su è giù per la mente, e soprattutto le preoccupazioni di Mara, tenevano preoccupato anche me.

Arrivammo alle 21 circa. Marco, era affacciato al balcone a fumarsi la sigaretta; vedendoci scendere dalla macchina, spense la sigaretta e ci raggiunse all’entrata.

<< alla buon ora. Mi hai chiamato alle sette!!come hai fatto ad arrivare ora….va bhè dimentico che hai una carretta come auto >> poi ad un tratto interruppe quel suo discorso tutto ironico nei miei confronti, ed iniziò a guardare dalla testa ai piedi Mara:

<< però…mica scemo >>; a vedere Marco,Mara sembrò molto scocciata, ed infatti subito lo mise in riga:

<< non hai mai visto una ragazza!!>> poi subito intervenni io:

<< perdonalo, appena vede una bella ragazza, non capisce più nulla. A quella situazione Mara sembrò tranquillizzarsi di colpo. Marco le fece vedere la casa, e là invitò nel caso lei volesse, a farsi una doccia. Lei non se lo fece ripetere due volte. Chissà da quanti anni non faceva una doccia.

Nel tempo che lei fece la doccia, mi sedetti sul divano del soggiorno, e mi accesi una sigaretta; Marco si sedette accanto a me. Non fece a meno che notare la mia enorme preoccupazione, e a lui parlai di tutti quei pensieri che avevo in testa. Gli parlai di Marika, e delle mie perplessità su come

mi sarei comportato con lei; e gli confessai di essere preoccupato per la famiglia di Mara, a quel punto Marco mi espose una sua idea:

<< secondo me, potreste contattare la sua famiglia, dirgli la verità; perché presumo che non sanno nulla, e a quel punto dovranno venire in Italia >>; quella di Marco era un idea estrema, come si fa a mobilitare i punto in bianco una famiglia? ma che mi parve subito quella buona; o meglio l’unica strada percorribile.

Dopo che Mara finì di fare la doccia, Marco la fece vestire con alcuni indumenti di sua madre, con la promessa all’indomani di portargli quello che le poteva servire.

Con Mara parlammo della nostra idea, in primo luogo non mi sembrò molto convinta; infatti si trattava a quel punto di dire com’erano andate realmente le cose. Ma soprattutto Mara temeva la reazione della famiglia. Infatti suo padre soffriva da anni di cuore, è una notizia del genere poteva dargli il colpo finale. Cercai sia io che Marco di convincerla, è i nostri sforzi, furono ripagati dopo due ore di conversazione. Le feci notare che quella era l’unica soluzione, è che bisognava agire in fretta, perché in quel momento Carmine il suo protettore, già si era accorta della su fuga.

Marco gli portò il telefono. Lei lo prese in mano, è non feci a meno di notare che le mani erano un fiume di sudore, e che tremavano.

A quel punto le strinsi la mano per darle coraggio. Compose il numero….la mamma rispose è da quel momento in poi l’unica cosa che potevo fare e aspettare che lei dicesse tutto ai suoi.

Mara parlava in rumeno, e naturalmente io non capivo una parola. Vedevo il suo viso dove inizialmente si era stampato un sorriso, cambiare pian piano, fino a diventare drammaticamente triste.

La conversazione durò all’incirca un ora; si alternarono urla a pianti, ed io e Marco guardandoci negli occhi capimmo che le cose purtroppo per lei non erano andate come sperate.

Infatti i nostri presupposti furono subito confermati da lei al termine della chiamata.

<< mia madre ha detto che mi ripudia come figlia >>; dopo quelle frasi scoppiò in un pianto che sembrò non finire più.

 

 

 

 

L’abbracciai, nel frattempo Marco portò un calmante, è solo così riuscì a prendere sonno. Passammo la notte nella casa di “Città Paradiso”. La mattina mi alzai presto, raggiunsi la città, e feci provviste di cibo e vestiario.

Al ritorno trovai Marco che era già in piedi, è stava mettendo sul fuoco la macchina del caffè; ci sedemmo al tavolo, è cercammo di fare il punto della situazione, e di organizzarci per il futuro.

Avevamo deciso che io ogni giorno gli avrei portato il necessario di cui potesse avere bisogno; e lui era pronto a darmi una mano nel caso io non potessi.

Marco decise che non avrebbe detto niente ai suoi, e che dopo la nascita del bambino, ci saremmo impegnati a trovare un alloggio.


CAPITOLO 10 (VITE PARALLELE)

Ormai sono due mesi che faccio questa vita; la mattina l’università e al ritorno vado al supermercato per fare la spesa, è raggiungo Mara a “Città Paradiso”.

Me né sto sul banco, nell’aula dell’università. Il professore di fisica è in ritardo; davanti a me ho gli appunti presi il giorno prima, è a fianco una pagina vuota.

Quel giorno Marco non era con me, ed ero tutto solo. Iniziai a scrivere alcuni frasi prese da canzoni famose, poi dal cuore mi vennero un fiume di parole che composero questa poesia; il titolo è

CONDANNATO AD AMARTI

PERSO NELLE CAMPAGNE;

IL SOLE ALLE MIE SPALLE,

ILLUMINA GLI ULTIMI STRALCI DI TRISTE VERITA’.

IL MOTORE ABBOZZA ULTIMI RESPIRI DI VITA,

E IL CUORE SI BLOCCA DAVANTI AI TUOI OCCHI.

VOLEVO PERCORRERE STRADE CHE NON M’APPARTENGONO;

ED ORA ECCOTI QUA’ CONDANNATO:

 

CONDANNATO AD AMARTI,

CONDANNATO AD APRIRE IL MIO CUORE,

AD AVERTI TRA I MIEI PENSIERI,

TRA GIOIE E PREOCCUPAZIONI.

 

ECCO ORA QUELLA LUNA,

SA LA NOSTRA VERITA’.

CE’ LA RACCONTA A NOI

CHE SAPPIAMO RACONTARCI SOLO BUGIE.

MA HO DECISO DI PERDERMI;

NON CONTERA’ ETA’ E FUTURO.

QUELLO CHE SO CHE IL PRESENTE SEI TU.

IL PRESENTE E’ DENTRO DI TE

E’ SARA’ IL NOSTRO FUTURO.

TRA PAURA E’ CORRAGGIO

AFFRONTAREMO QUELLO CHE DIO CI DARA’;

FORSE SENZA PAURA,

MA CON IL COLTELLO FRA I DENTI.

Mi vennero dal cuore queste parole; e mentre le scrivevo ripensavo a quel pomeriggio d’Agosto; ripensavo a quella notte quando ci addormentammo abbracciati sotto lo sguardo della luna; e quando poco tempo dopo finimmo per fare l’amore. Tre mesi….ed erano cambiate molte cose. La sera quando uscivo con Marika, mi sentivo un verme. Lei era all’oscuro di tutto. Ogni volta che mi abbracciava ed eravamo in comitiva cera grande imbarazzo; Marco mi guardava, e dai suoi occhi sembrava trasparire una certa indignazione. Più di una volta avevamo affrontato questo discorso. Secondo lui, io avrei dovuto dire tutto a lei; ma avevo troppa paura di perderla. Io amavo da matti Marika, e questo era diventata sempre più una certezza. Onestamente non sapevo come avrei messo le cose a posto.

Ma non so come spiegarlo, sarà il fascino, o non so cosa, ma Mara riusciva a prendere il cuore; anche se quello che volevo non era lei.

Durante questi mesi molte notti le avevo passato a parlare con Mara; in fondo ci conoscevamo appena. Mi aveva confidato che quando era in Romania, faceva spesso uso di droghe; e che per lei il sesso era semplicemente un momento di piacere, e che lo si poteva fare anche senza amore. Mi sentivo quasi incastrato da lei; a me quel suo mondo senza regole, non piaceva affatto.

Quello non era amore! Ero ben consapevole che l’amore vero, quello con la A maiuscola, lo stavo vivendo con Marika.

Avevamo discusso di come chiamare il bambino; ma alla fine non riuscivamo mai ad arrivare ad un nome, perché la nostra mente si faceva prendere da altri pensieri.

Mara non poteva avere una assistenza sanitaria; le chiedemmo se era disposta a farsi visitare da un medico del consultorio. Ma non volle sentire ragione; finche un giorno ci riuscimmo, portammo un medico che lavorava per i servizi sociali, facendolo passare per un nostro amico di università. Almeno il fatto che la gravidanza procedeva senza problemi, mi faceva stare meglio.

 

 

 

Ma ancora, io e Marco eravamo indecisi, dove fare nascere il bambino. I suoi genitori erano all’oscuro su quel ospite accampato nella loro casa al mare, e né io, e né Marco volevamo che loro fossero coinvolti in quella situazione.

Ma cera da pensare soprattutto al futuro, e quello che doveva accadere dopo la nascita del bambino o bambina.

Secondo Marco l’unica cosa da fare era quella di farla scappare in un altro paese dove potesse ricostruirsi una vita; ma la cosa non era affatto facile.

L’idea di vivere una vita, con la consapevolezza di avere un figlio chissà dove, non mi piaceva. E poi quando vuoi nascondere troppe verità, alla fine vengono a galla.


CAPITOLO 11 (UN OMBRA SOSPETTA)

Notte fonda……..saranno si è no passate le Tre di notte, e davanti me un lungo stradone da percorrere, prima di imboccare la stradina per tornare a casa.

Era un sabato sera, avevo da poco accompagnato Marika; avevamo passato tutto il Sabato sera seduti in un pub. Quel Sabato la mia Renault, non né voleva sapere di partire, è quindi ero costretto a rincasare a piedi.

Per la strada non sento fiatare né macchine, né persone. Solo le luci dei lampioni, e le luci che vengono fuori da un bar non ancora in servizio; un notte così onestamente mi era molto strana anche se ero in pieno inverno. Infatti di solito il Sabato sera a quel ora si vedevano le macchine che venivano dalle discoteche situate sul lungo mare.

Camminavo piano lungo quella strada; eravamo solo io e il silenzio…ma poi dietro una macchina mi sembra di vedere un ombra; non riesco a distinguere se sia uomo o donna, un bimbo o un adulto..mi fermo per qualche secondo….chi sarà? sarà meglio cambiare strada, non si sa mai!!!con tutti i fatti che si sentono.. pensai tra me, e imboccai la strada sulla destra che in discesa portava al mare… ero buio ma in quel buio quel ombra era a circa 5 metri di distanza, neanche il tempo di chiedermi che cosa significasse che mi parve di sentire una leggera risata…..mi giro di scatto…e niente solo io il buio e…..niente l’ombra era scomparsa….

Pallido com’ero in viso toccai la croce che ho legato al braccio sinistro, quella croce che porto da quando qualcuno la su mi evitò che la vita finisse per uno schianto con il motorino…. Camminai lungo quella strada, poi imboccai uno scorciatoia. Mi guardavo a destra e sinistra, in quella notte cosi inquieta, ancora delle risate, e successivamente sentii come dei passi dietro di me…no è un incubo…che cazzo sta succedendo?? Sto impazzendo… rimango fermo….poi a gambe elevate cerco di raggiungere casa….una volta dentro casa accendo la luce del soggiorno, le chiavi mi cadono per terra fino a finire sotto un vecchio mobiletto, mi abbasso per prenderle, ma le mani prima di arrivare alle chiavi, prendono tra le mani la polvere.

Vado a mettermi a letto con la figura di quel ombra inquietante nella testa. La cosa che mi inquieta che quel ombra, mi sembra avere qualcosa di famigliare.

Però sarà stata la stanchezza, ma il sonno prese posto di quei pensieri. L’indomani al risveglio, sul comò mio padre mi aveva messo la solita gazzetta dello sport, per vedere i voti del fantacalcio, stranamente cera anche la gazzetta locale……li do un occhiata, fino ad arrivare alla pagina cittadina, dopo pochi minuti la mia faccia aveva due occhi spalancati, increduli di fronte alla notizia che mi stavo apprestando a leggere:

 

TROVATA UNA PROSTITUTA AMMAZZATA NELLE CAMPAGNE DI BARULI

Ammazzata con dodici coltellate, ora si cerca l’assassino, che secondo testimonianze sarebbe il suo protettore.

 

La foto lasciava pochi dubbi; quella ragazza era Miranda, l’amica di Mara. Mi sdraio disperato sopra il letto, con il giornale che sembrò essere una coperta.

La situazione ora era davvero preoccupante. Io non sapevo davvero come uscirne. Sicuramente dovevo preoccuparmi. Chiamai Marco e gli diedi appuntamento al bar.

Ci incontrammo al bar attorno le undici e trenta; Marco non fece a meno che notare in viso la mia agitazione ed infatti subito mi chiese:

<< che hai stamattina? Hai una faccia!!!>>; subito tirai fuori il giornale e gli feci leggere la notizia.

<< si ma che centri tu con questa? >>; e subito gli spiegai:

<< questa ragazza si chiama Miranda, ed è una amica di Mara!! È c’è dell’altro…lei era l’unica che sapevo tutto su di noi >>; a quel punto Marco innervosito mi rispose:

<< ma come? Sapeva tutto?>>; abbassò la testa disperato; poi io ripresi raccontandogli dell’ombra che aveva visto la notte precedente mentre rincasavo, è lì convenimmo che l’unica cosa da fare, era quello che io, per almeno un po’ di tempo sarei stato lontano da Mara.

Infatti il sospetto, era quello che Miranda, avesse raccontato tutto al suo protettore, e che questo ora si era messo sulle mie tracce,e che seguendo le mie tracce sarebbe successivamente arrivato a Mara.

Ma da quel momento in poi non sarei stato più lo stesso; infatti ero diventato molto apprensivo, e temevo che qualcuno potesse fare del male alla mia famiglia.

Avevo paura per Marco, non volevo che dovesse subire danni per colpa mia; avevo paura per la sorte di Mara è del bambino.

Naturalmente lasciai gli studi, e mi misi a lavorare. Questa decisione fu difficile spiegarla ai miei genitori, il quale la rispettarono ma non riuscivano a capire.

 

 

Lavorare e studiare erano due cose differenti; quando studi, è hai dei pensieri nella testa, non riesci a leggere neanche due righe. Quando lavori, i pensieri, almeno per quelle otto ore ti passano dalla testa. E poi avevo bisogno di troppi, e troppi soldi. Mara, il bambino, loro oramai erano come una famiglia.

Cercai di cambiare il mio stile di vita, per non dare tracce all’ipotetica spia. Infatti le mie giornate le vivevo tra la maglieria dove lavoravo, è la mia comitiva. Con Mara avevo solo contati telefonici, e

di tanto in tanto il medico del consultorio, il quale sapeva tutto su di noi andava a visitarla.

Ma la sensazione che qualcuno mi spiava, mi accompagnava ogni giorno;tutto sembrò avere conferma un giorno quando tornato da lavorare andai a prendere un caffè al bar.

Quel giorno al bancone del bar cera un ragazzo nuovo; era robusto, ed aveva la testa rasata a zero. Si chiamava Carmine; questo aveva preso il posto di Giuseppe uno studente universitario, che lavorava là da circa due anni.

Quel ragazzone, aveva un aria cosi famigliare; ma più che altro mi sembrava averlo visto già da un'altra parte.

Soprattutto, mentre bevevo il mio caffè notavo che il nuovo dipendente mi guardava con aria incuriosita. Dopo aver consumato, pagai è andai via.

Ma mentre me né tornavo a casa il pensiero di quel ragazzone sul banco del bar mi girava e rigirava nella mia mente.


CAPITOLO 12 (UNA BRUTTA SORPRESA)

Passarono due mesi, dall’ultimo incontro con Mara; ma soprattutto, la brutta sensazione di essere spiato, sembrò andare via.

Avevo una gran voglia di vedere Mara, volevo sapere come stava, volevo riabbracciare, la donna che sarebbe diventata la madre di mio figlio.

Chiamai Marco, ed insieme discutemmo se ero il caso che io ritornassi a “Città Paradiso”. Lui mi sembrò favorevole.

Era una Domenica mattina presi uno zaino, e dentro ci misi le tutine per la bambina che sarebbe nata; si era una bambina. O meglio era la sensazione che avevamo, perché non ci fu modo di fare una ecografia, anche perché fu un grande sforzo, convincere Mara a farsi visitare da un dottore.

Comprai dei regali anche per Mara, il più bello era una M di oro che avevo fatto fare apposta per lei. Si lo so questi sono potrebbero essere gesti speciali che si fanno solo per le fidanzate, ma Mara sarebbe diventata la madre di mio figlio, è lei meritava di essere trattata come una persona speciale.

Soprattutto il coraggio che aveva avuto lei di scappare, per far nascere il bambino era ammirevole, come ammirevole era la grinta con cui ha preteso di diventare mamma. Sono stati mesi duri questi; vissuti nella paura, con i pensieri che non mi lasciavano dormire; ma sentivamo che la fine stava arrivando. Infatti tra un mese Mara partorirà, e anche se non sappiamo come, e dove farla partorire. Ma soprattutto devo ringraziare Marco, se non fosse stato per lui…..non so come sarebbe finita. Ogni qual volta che provo a ringraziarlo lui bonariamente mi manda a quel paese. Insieme a Marco raggiungemmo Mara.

Lei era la balcone a guardare il mare; è appena mi vide scese giù e mi abbracciò. Fu un abbraccio lungo e alcune lacrime bagnarono i nostri visi.

Poi rientrammo in casa, e a quel punto diedi a Mara il pacchetto che conteneva la M di Mara. Lei rimase colpita dal mio regalo; o meglio rimase colpita, perché non riceveva regali da molto e molto tempo. Presi la collanina, e la misi al collo. Era bellissima, non c’è che dire. La maternità la stava rendendo ancora più bella.

Marco era rimasto nel soggiorno; ma non si sentivano rumori; quanto tutto ad un tratto davanti ai miei occhi si presentò una scena che non mi dimenticherò per tutta la vita.

Cera Carmine il ragazzo del bar che puntava una pistola alla tempia di Marco; poi rivolgendosi a Mara le disse:

<< ciao puttanella; ora faremo grandi affari io e tè >>; dopo quelle parole, capii tutto. Quello era il protettore di Mara. Ed era lui l’ombra che quella notte mi seguiva; sicuramente era lui che aveva ucciso Miranda, e io lo avevo visto il giorno che feci scappare Mara. Mi avventai contro di lui;

avevo preso una sedia per cercare di liberare Marco, ma a quel punto dalla pistola partirono due colpi ed io caddi in un sonno al dì fuori del normale.

Fu un sonno lungo due mesi; non ricordo tanto. Ho girovagato lungo un tunnel buio; poi mi fermai in una stanza è là cera il quadretto della Madonna che avevo in camera mia.

Mi chiesi più volte, come ci fosse finito là; delle persone mi prendevano la mano, per portarmi via con loro, ma io cercavo di liberarmi da loro.

Volevo tornare indietro; sembravo essermi perso. Alcune volte ero disperato, perché quel tunnel non aveva fine. Sembrava infinito.

Poi ritrovai la strada, è sentivo qualcuno che mi diceva: Vai amigo!!!vai!! ricordo ad un tratto di sentire una musica; sembrava El Diablo dei Litfiba. Qualcosa mi diceva che era sulla strada giusta. Poi mi svegliai, e attorno a me rividi tutte le persone che mi volevano bene.


CAPITOLO 13 (IL RISVEGLIO)

Ero su un letto di ospedale. Non capivo perché!! Mia madre era seduta ad una sedia è piangeva. Mio padre abbracciava mio zio. Marika abbracciava Flora, piangeva anche lei!! Non capivo perché tutti si abbracciavano e piangevano.

Solo Marco non piangeva, è guardandomi mi mostrò il pollice rivolto in su. Io cercai di rispondere allo stesso modo, ma le forze mi mancarono.

Era una mattina di fine Aprile; e mi svegliai da quel viaggio lungo quel tunnel. Accanto al mio letto cera un comodino, e sopra due casse per Pc collegato ad un lettore mp3. Capì da dove veniva quella musica. Marco mi mise la mia musica preferita. Quel ragazzo sa sempre cosa fare; beato lui.

Passarono due settimane; Marco veniva a trovarmi tutti i giorni, sia la mattina che la sera. Dal suo viso capì che era ansioso, quasi aveva l’urgenza di dirmi qualcosa.

La mia memoria pian piano stava ritornando; per lo meno sapevo come ero finito là, è cioè grazie a due colpi di pistola.

Passò ancora un mese, e i ricordi mi riportarono alla realtà. Mi riportarono in mente Mara, è la sparatoria a “Città Paradiso”.

Era una mattina di Maggio; Marco vene a trovarmi. Prese la sedia e si siede affianco al mio letto. Poi mi chiede:

<< come stai?>>; ed io subito gli rispondo:

<< bhè…diciamo che può andare meglio>>; ci fu una risata ma poi subito ripresi

<< sono due mesi che ti osservo….ma devi dirmi qualcosa? Che fine ha fatto Mara?>>

<< Di Mara non ho più notizie!! Ma posso dirti una cosa, quel bastardo sta al fresco >>;

<< che significa!! >>; gli chiesi io perplesso. Sapevo che il bastardo era riferito a Carmine il protettore di Mara, ma non riuscivo a capire Mara che fine avesse fatto. Ma poi lui subito chiarì tutta la faccenda:

<< il giorno della sparatoria, il grosso si portò via Mara; io subito chiamai l’ambulanza, e subito dopo arrivò anche la polizia. A loro fui costretto a raccontare tutto di te e di Mara. L’interrogatorio durò 3 ore. Il giorno dopo sul giornale uscì la notizia della sparatoria, ma la cosa che più di tutti mi fece fare salti di gioia, fu che presero il grosso è Mara a 30 Km da Baruli. Lui cercava di scappare con la ragazza all’estero. Assieme a lui hanno arrestato altri cinque persone di Baruli. Quello che so di Mara, è che è stata portata in un centro per ragazze della sua stessa condizione, cosi come altre sue amiche. In ogni modo qua, non sa niente nessuno di quello che realmente è successo. Infatti a mia madre ho raccontato che era una rapina; e anche la polizia ci ha dato una bella mano mentendo alla stampa su quello che è successo a “Città Paradiso”. Ora se vuoi un consiglio caro il mio amico, pensa a guarire, e scordati di Mara, e di tutto quello che è successo >>.

Il cinismo di Marco mi faceva paura; ignorare che in quel momento avevo un figlio. Come facevo a nasconderlo a me stesso. Ma forse aveva ragione Marco. Potevo stare tranquillo visto che Mara era in mane sicure. Ma questo chi me lo diceva?

Prima di mettermi l’anima a posto dovevo constatare di persona. Di lì a pochi giorni uscì dallo ospedale, è dopo ulteriori due settimane di riposo, decisi di mettermi alla ricerca di Mara.

La mia ricerca iniziò una calda mattina di Giugno. Avevo la lista di tutti i centri di accoglienza di ex prostitute. A mia madre raccontai che partivo per farmi una vacanza.

Fu un viaggio che durò all’incirca un mese; girai in lungo e in largo la regione, ma di Mara non ci furono tracce. Qualcuno mi disse che forse era partita nel suo paese; a quel punto non sapendo più che fare, decisi di vivere la mia vita.

Tornai sconsolato a Baruli; mi sentivo sconfitto. Era un caldo pomeriggio di Luglio. Con la mia auto tornavo, verso la mia città. Tra Baruli e la cittadina di S. Vincenzo, è situato un piccolo santuario dove nei secoli passati fu trovata un quadro della Madonna. Era disegnata su legno, era legno di quercia, per essere precisi, ed infatti prese il nome di Madonna della Quercia. Era la stessa immagine che avevo in camera mia.

Prima di raggiungere il santuario, si passava sotto un grande arco, poi si percorreva una lunga viuzza che si faceva largo tra le campagne.

Dopo aver spento il motore, scesi ed entrai dentro il santuario. La chiesa non era molto grande, ma quando entravi dentro, ti sentivi come a casa tua.

Non cera nessuno; mi inginocchiai con il quadro della Madonna davanti ai miei occhi, e prime che le parole potessero uscire dalla mia bocca, fecero prima ad uscire le lacrime dai miei occhi.

Non so quando durò quel pianto, ma quello che so che rimasi nella chiesa per circa due ore. Dovevo dirle grazie, per quella vita che mi aveva salvato; e soprattutto pregai per Mara, e per quel bambino che era mio figlio, ma che forse non avrei mai visto.Usci dalla chiesa, è un soffio di vento si alzo; all’orizzonte rivolgendo lo sguardo verso la zona della vecchia chiesetta, che da quel punto si vedeva molto bene, si vedeva il sole tramontare, e con esso forse andava via quel pezzo di vita che mi aveva legato a Mara, a quel pezzo di vita, in cui ero anche padre.


CAPITOLO 14 (IL TEMPO….PASSA!!)

Eccomi qua; oramai sono passati dieci anni dai fatti di “Città Paradiso”; dopo quel viaggio tra i centri di accoglienza ripresi la mia vita.

Lasciai il lavoro, è ripresi gli studi, dopo otto anni mi laureai in ingegneria elettronica. Marika nel frattempo, è diventata fisioterapista.

Ci siamo sposati, abbiamo avuto due figli, Lorenzo di 5 anni, e Miriam di 3 anni.

Baruli è cambiata; molte aziende hanno investito nel nostro territorio, è tra le tante aziende , una in particolare: ELETTRONI “C” OMUNICATION.

Si realizzavano componenti per telefonini, ed io iniziai a lavorare come ingegnere in questa azienda.

Mara lavora in un poliambulatorio, è cosi siamo rimasti felicemente nella nostra adorata Baruli. Il tempo passa…..cambia cose, e cambia anche la vita delle persone.

Era un caldo giorno di Luglio; avevo da poco finito la mia giornata lavorativa. Mi recai nel supermercato con la lista della spesa, che Mara mi faceva tutti i giorni.

Mi recai alla cassa, per pagare, è notai che la cassiera era cambiata. Non era più Clara; pagai è raggiunsi casa che era proprio di fronte al supermercato.

Dopo aver pranzato, presi a leggere il giornale, ma nella testa, mi era rimasta impressa il volto della nuova cassiera del supermercato.

Avevo come l’impressione di averla vista a qualche parte; il suo viso aveva qualcosa di famigliare. Ma dà lì a pochi tempo, quel pensiero mi passò dalla testa.

Arrivò sera; attorno alle 20 io e Marco ci incontravamo per portare i nostri rispettivi figli al parco. Anche Marco si era sposato; lui aveva lasciato l’università a quattro esami dalla laurea. Aveva lasciato l’università perché la sua ragazza Flora (nonché migliore amica di Marika), era rimasta incinta, e quindi dovevano occuparsi della loro bambina Gabriella.

Flora era riuscita a laurearsi in giurisprudenza, ed era praticante in uno studio legale. Mentre Marco lavorava come operaio nella stessa azienda dove lavoravo io; lui aveva un diploma di perito elettronico, quindi era adatto a lavorare lì.

Il parco dove portavamo i nostri bambini a giocare si trovava alle spalle della chiesa di S.Anna. mentre i nostri bambini giocavano, io e Marco parlavamo del più e del meno. Ad un tratto non feci a meno che notare la ragazza che lavorava come cassiera al supermercato. Era con una bambina, che poteva avere si e no nove dieci anni.

Lei prese posto su una panchina, e prese a sfogliare una rivista, mentre la bambina raggiunse le amichette. Marco si accorse che in realtà non lo stavo ascoltando, ed infatti subito mi chiese:

<< ma sto parlando a te? O i discorsi, io li faccio ed io me li ascolto?>>;

<< scusami, scusami; >>; subito li risposi, ma poi lui mi chiese:

<< ma che hai? Sei sposato è ancora sbavi quando vedi una ragazza?>>; ironizzò lui, ma subito precisai:

<< ma che sbavare!!è solo che quella ragazza seduta a quella panchina mi sembra di averla vista a qualche parte>>. Notai che il viso di Marco cambiò di colpo espressione, ma non li chiesi il motivo, anche perché si era fatto tardi e dovevamo rincasare per cenare.

Passarono due settimane, è ogni volta che vedevo la cassiera del supermercato, non so come spiegare le sensazioni che provavo.

Sembrava di conoscerla da sempre; sembrava di averla vista da qualche parte. Un giorno presi in disparte il titolare del supermercato, Angelo.

<< Ehi Oscar, posso fare qualcosa per te?>>; lui subito mi chiese gentile.

<< Si Angelo, ma non fraintendermi; potresti dirmi come si chiama la cassiera che hai da poco preso a lavorare >>; gli chiesi;

<< si chiama Mara, è arrivata a Baruli non poco tempo fa. E rumena, ma è da molti anni che sta in Italia, è da quello che so, è che ha una bambina, e che suo marito è morto un anno fa in un incidente stradale >>; rimasi impietrito. Ora i conti tornavano, lui notò il mio pallore in viso, e mi chiese:

<< ehi Oscar, ma che hai? C’è qualcosa che non va in quella ragazza? Se è cosi, dimmelo, che la licenzio subito>>, ma subito lo tranquillizzai.

<< niente, niente, e che la avevo confuso con un'altra ragazza. Scusami se ti ho disturbato ciao Angelo >>, ma lui con una pacca sulla spalla mi tranquillizzò:

<< tu non disturbi mai; ciao Oscar >> e raggiunse i suoi operai nel reparto macelleria.

Usci dal supermercato, incrociando gli occhi di Mara, aveva visto che conversavo con Angelo il titolare del supermercato, è quindi aveva capito che ora io sapevo tutto.

Arrivò sera, è come al solito io e Marco raggiungevamo il parco con i nostri rispettivi figli;

<< Marco siediti che ti devo parlare >>; l’espressione di Marco era strana; sembrava sapesse già di cosa stavo per dirgli. Ma subito attaccai con il mio discorso:

<< te la ricordi la ragazza che vedemmo l’altra sera qua al parco>>; Marco subito mi fermò ed iniziò lui con un suo discorso:

 

<< senti; qua è il caso che parli io >>; da quelle parole, capì che Marco sapeva qualcosa. Ed infatti:

<< si!!la ragazza che lavora al supermercato è Mara!! >>; ammise subito Marco.

<< ma che significa? Tu sapevi tutto? È mi hai tenuto tutto nascosto!!>>. Mi alzai dalla panchina, chiamai Miriam e Lorenzo, volevo andarmene, ma poi Marco mi trattene per il braccio chiedendomi:

<< senti, prima di tirare conclusioni avventate ascolta quello che ho da dirti >>; cercai di calmarmi; non capivo più niente. L’idea che Marco mi avesse mentito per tutti questi ani, mi faceva stare male, poi iniziò con il suo racconto:

<< quando il grosso fu arrestato, Mara fu davvero portata in un centro per ragazze che erano nella sua stessa condizione; io andai in questo centro un paio di settimane dopo. Da lì a poche settimane

sarebbe nata la bambina. Le stetti vicino fino a quando nacque la bambina, poi lei stessa mi chiese di lasciarla stare, e che sia io che tu avremmo dovuto dimenticare tutto. Venne anche in ospedale a trovarti, per salutarti per l’ultima volta, mentre tu eri in coma. Voleva tornare in Romania, dalla sua famiglia; io le diedi anche dei soldi per affrontare il viaggio, assieme al mio numero di telefono, in caso avrebbe avuto bisogno. Poi due anni fa, mi arrivò una chiamata; era lei mi raccontò che aveva dei problemi, ma non scese nei particolari, mi chiese solamente aiuto. Io la feci venire qua a Baruli, è la feci assumere da mio padre, nella nostra azienda; mi disse di non dirti niente, perché comunque avevi una famiglia, e non voleva crearti problemi. Ora questo è tutto, puoi mandarmi al diavolo se vuoi, ma non potevo fare altrimenti>>.

E lo mandai al diavolo!!! Senza farmelo ripetere due volte. Passarono i mesi, senza parlarci. Mi sentivo strano, perché erano secoli che io e Marco non litigavamo così seriamente. Ma da lui mi sentivo tradito.


CAPITOLO 15 (ANCORA TU!!)

Non ricordo che giorno era; né il mese; né l’ora. Marika, era a lavoro, e i bambini erano alla colonia estiva. Mi ero preso due giorni di ferie, e me ne stavo sul divano a leggere il giornale.

Tutto ad un tratto sento suonare il campanello, apro la porta…..era Mara. Abbracciava quella bambina che era stato il frutto di quella notte di passione. Furono minuti interminabili, non avevo il coraggio di guardarla negli occhi, anche se forse tutti quei sensi colpa che avevo nei suoi confronti non mi appartenevano.

Guardai la bimba, e con una mano le accarezzai il viso; assomigliava a sua madre, anche se il colore dei capelli, erano castani come i miei.

Lei sembrava spaesata, non capiva.

<< entrate!! >>; guardai Mara, è partì un lungo abbraccio, ma anche delle lacrime. Poi subito le chiesi:

<< come si chiama?>>

<< Loredana >>; mi avvicinai a Loredana, e cercando di prendere confidenza, le chiesi:

<< ti piace la cioccolata?>>; e lei subito mi rispose

<< a tutti i bambini piace la cioccolata; che domande sono queste>>; riuscì a strapparmi un sorriso, e rivolgendomi a Mara le dissi:

<< non c’è che dire, il caratterino l’ha preso da te!!>>; poi andai in cucina, è dalla credenza, tirai fuori una barretta di cioccolata.

La cioccolata era una cosa che non mancava, visto che sia Lorenzo che Miriam, né andavano matti.

A Mara, le chiesi:

<< ti va un caffè? Un the?>>;

<< mi va bene un caffè >>; dopo aver fatto il caffè ci sedemmo nel salotto, ed inizia a fare qualche domanda, così giusto per rompere un po’ il ghiaccio;

<< come stai? Perché in tutti questi anni sei scomparsa?>>; a quel punto Mara iniziò un lungo racconto, che durò, non so quanti minuti.

<< diciamo, che volevo cavarmela da sola! e poi, tu avevi la tua vita, e non volevo per nessun motivo crearti casini. Comunque se ora sono qua non è perché ora, voglia crearteli tutti insieme. Purtroppo, ho come l’impressione che io nella mia vita fossi destinata solamente a soffrire. Dio non ha voluto proprio che io vivessi una vita felice; o per lo meno tranquilla. Dopo che furono arrestati Carmine è la sua organizzazione andai via da Baruli, e me né tornai in Romania, dalla mia famiglia; ma lì come ben sapevo la mia famiglia, non mi accettò. La bambina nel frattempo era nata, è fu faticoso, trovare lavoro nelle mie condizioni; comunque decisi di tornare in Italia, a Milano per la precisione; inizia a lavorare come cameriera in un locale, lì conobbi un ragazzo fantastico, che decise di prendersi cura di me e della bambina; sembrò che la mia vita avesse preso un'altra piega.

Però una sera, saranno state si è no le dieci di sera, mi arrivò una chiamata; mi dissero di andare all’obitorio, Giuseppe avevo avuto un incidente, ed era morto sul posto. Faceva il rappresentante. Un anno fa; andai in ambulatorio per alcuni esami. Sul seno destro, si era formata una specie, di palla nera; mi dissero che avevo un tumore, e che purtroppo non cera niente da fare. Non seppero dirmi, quanto tempo avevo ancora davanti; cosi decisi di chiamare Marco, li raccontai tutto, lui mi trovò in un primo momento lavoro nella fabbrica di suo padre, poi dopo la chiusura riuscì a trovare lavoro nel supermercato, qua di fronte casa tua. Sono tornata, perché ogni giorno che mi alzo, so che potrebbe essere l’ultimo. Oscar quando quel giorno, arriverà, perché arriverà, Loredana dovrà avere tè come padre. Non voglio che sia affidata ai servizi sociali>>; dopo quel racconto, rimasi senza parole. Mi sentivo in colpa; ero arrabbiato ancora di più con Marco. Se mi avrebbe detto tutto, io Mara me la sarei sposata; si lo so è brutto dire una cosa del genere, perché manco di rispetto a Marika, ma è fottutamente così.

Comunque perdersi, nei rimorsi, farsi prendere dalla rabbia, sarebbe stata una cosa, che sarebbe servito a poco. Guardando Mara le dissi:

<< è un mio dovere fare il padre di mia figlia >>; intanto arrivarono quasi l’una, è a momenti sarebbe arrivata Marika. Se avrebbe trovato Mara con la bambina, là, sarebbe successo un gran casino.

Mara mi salutò con un abbraccio, poi sé né andò via. Non dissi niente a Marika; almeno non era quello il momento; ma cera un altro motivo.

Per un po’ di tempo, quando né avevo l’occasione, andavo a casa di Mara, per andarla a trovare, volevo conoscere un po’ di più quella figlia che per dieci anni, era stata lontana da me. Mara mi chiese di non dire niente a Marika, almeno fino al momento che il cielo se la sarebbe portata via. Quella richiesta, era figlia della speranza, che lei ancora riusciva ad avere. Speranza che andava via ogni qual volta si guardava allo specchio, e vedeva come la malattia la stava consumando.

Passò poco più di un anno, era un pomeriggio di settembre, quando mi arrivò una chiamata da Marco.


CAPITOLO 16 (CIAO PRINCIPESSA!!)

Stavo al computer a battere una relazione di lavoro, quando Marco mi chiamò; era agitato; forse perché da quella sera, da quanto mi disse tutta la verità non ci siamo parlati più, forse per quello che stava accadendo:

<< corri vieni a casa di Mara >>; neanche il tempo di salvare quello che avevo scritto fino a quel momento, che mi precipitai a casa di Mara.

Distava a circa cinque minuti da casa mia; abitava dietro la chiesa di S.Anna.

Il portone era aperto, la porta di casa era aperta. Loredana era seduta sul divano, è stringeva il suo fuffy (un peluche) tra le braccia; entrai nella stanza da letto. Marco era seduto ai piedi del letto; cera un medico, e vedendomi entrare, mi salutò con un buonasera. Non disse altro, è usci fuori dalla stanza accompagnato da Marco. Mara aprì a fatica gli occhi, le strinsi la mano; delle lacrime uscivano dai suoi occhi, inizio a parlarmi:

<< ti prego, rendi mia figlia felice!!>>; le strinsi ancora di più la mano

<< te lo prometto amore!>> non riuscì a trattenere le lacrime, poi continuò:

<< sappi, che sei stato il mio unico amore, Oscar, >>; chiuse gli occhi………per sempre.

Fu un funerale triste!!più triste di quella giornata, bagnata dalla pioggia. Dentro quella chiesa, ceravamo solamente,io e Marco. Pianse dall’inizio alla fine della cerimonia,aveva un motivo particolare per piangere. Aveva aiutato Mara forse più di me. In quel momento mi accorsi che quel rancore che avevo nei suoi confronti non aveva motivo di esistere. Io avevo stretto tra le mie braccia Loredana, non buttò giù neanche una lacrima, ma i suoi occhi non potevano nascondere il dolore. Nei suoi confronti mi sentivo niente. Undici anni; ed aveva imparato a lottare, come un adulto. Cosa potevo insegnarli io!!!aveva più lei da insegnare a me. Don Franco, fece una breve omelia, poi dopo aver terminato, e mentre tornava all’altare, gli feci cenno con un foglietto; avevo qualcosa da dire,a per l’ultima volta.

CIAO PRINCIPESSA!!

SCUSAMI SE NON SONO RIUSCITO AD ESSER UOMO

SCUSAMI…è L’UNICA PAROLA CHE SO DIRE!!

FORSE NON CI INCONTREMO IN CIELO

SI LO SO!!NON SONO BASTATE LE PAROLE;

NON E’ BASTATO COMBATTERE!!
DIO NON HA VOLUTO
E’ NOI NON ABBIAMO POTUTO.
QUANDO LO VEDI,

CHIEDILI DI DARMI LA FORZA CHE HAI AVUTO TU.

E NON TI ARRABBIARE CON LUI!!

RINGRAZZIALO, PERCHE’ HAI AVUTO UNA FIGLIA MERAVIGLIOSA

E RINGRAZZIALO ANCHE DA PARTE MIA

LASSU’ NON POTRA’ SFUGGIRTI,

COSI COME FACEVA, QUANDO ERI QUA’.

ADDIO PRINCIPESSA!

Dopo quelle parole, Don Franco,mi guardò abbozzando un sorriso;poi proseguì, con la liturgia, è dopo ci recammo al cimitero. Non ci fu il classico corteo funebre, per le vie della città; sarebbe stato desolante. Al cimitero Io e Marco accompagnati da altri due collaboratori delle imprese funebri, portammo la tomba di Mara fino al luogo di sepoltura.

Loredana procedeva, avanti alla bara, con delle margherite, che aveva colto all’ingresso. Ponemmo la tomba nella buca, è prima che la terra coprisse per sempre la tomba di Mara, Loredana buttò le margherite sulla tomba, ed iniziò a canticchiare una canzone in rumeno; in quel momento accadde una cosa che non dimenticherò mai, smise di piovere, e dalle nuvole venne fuori, un raggio di sole. Era l’ultimo saluto di Mara.

Iniziai a piangere, Marco mi abbracciò. Ci voltammo per prendere la via dell’uscita, quando tutto ad un tratto vedemmo Marika, che stringeva verso di sé Lorenzo, e Miriam.

Avevo assistito a tutta la scena; volevo morire, sprofondare sotto terra. La raggiunsi, avevo per mano Loredana. Insieme raggiungemmo casa.

Arrivati a casa, Marika, mi disse:

<< ti ho amato fino a questo punto!!!>>; si sedette al divano, è con un fazzoletto si asciugò le lacrime che lentamente scendevano sul suo viso.

<< pur di stare con te, di costruire qualcosa con te, ho accettato che lei fosse tra me e te. Ma speravo, che il giorno che mi avresti detto la verità sarebbe arrivato; ed invece no; mi hai tenuto tutto nascosto. Ma come fai a guardarti allo specchio!!>>; non disse altro. Prese una valigia, che era già pronta all’ingresso, prese i bambini, è andò via. Rimasi sola con Loredana.

 

Marika sapeva tutto; non so come ma sapeva tutto. Aveva assistito a tutta la cerimonia; mi aveva visto piangere per una donna, è quella donna non era lei.

Già; aveva ragione, con che coraggio mi guardavo allo specchio è mi definivo uomo. Avevo la fortuna di avere una ragazza come Marika accanto a me, è non me ne ero accorto. Era arrivato addirittura a pensare, che avrei sposato Mara, se la avrei ritrovata; la verità, è che avevo amato Mara, è amavo Marika. Ma l’amore si può dividere tra due donne?

Non riuscì a dare una risposta.

Quello che so che Marika, non tornò più. Fummo costretti a divorziare; lei addirittura si è risposata con un altro uomo; fu una mazzata da cui non riuscì a riprendermi più.

Con l’amore non volevo più avere a che fare. Avevo visto svanire tutto da un momento all’altro. Ho pensato al suicidio, ma poi ho pensato ai miei figli,loro avevano bisogno di me.

Sono passati gli anni, ed ho svolto, almeno il mio dovere di padre. Ho cresciuto Loredana, e ho cercato di non fare mancare la mia presenza di padre ai miei due figli, Miriam, e Lorenzo.

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