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Biblioteca Nazionale Vittorio Emanuele III

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La fondazione della Biblioteca Nazionale di Napoli - terza biblioteca pubblica statale italiana, dopo le Nazionali Centrali di Roma e di Firenze - risale agli ultimi decenni del XVIII secolo, quando - per disposizione di Ferdinando IV di Borbone - si cominciarono a collocare nel Palazzo degli Studi (oggi Museo Archeologico) le raccolte librarie fino a quel momento conservate prima nel Palazzo Reale e successivamente nel Palazzo di Capodimonte. Tra queste la già all’epoca famosa collezione libraria farnesiana che Carlo di Borbone,  figlio di Filippo V e di Elisabetta Farnese, divenuto sovrano del Regno di Napoli, aveva fatto trasportare nella capitale nel 1736. Il trasferimento dei volumi nella nuova sede era stato avviato nel 1784 ma solo dopo molti anni, dedicati alla sistemazione ed alla catalogazione del ricco materiale librario, fu possibile aprire ufficialmente al pubblico la Real Biblioteca, inaugurata dal sovrano il  13 gennaio 1804. Ai manoscritti e ai volumi a stampa dei Farnese si erano venuti ad aggiungere preziosi fondi conventuali e privati, come quelli degli agostiniani di San Giovanni a Carbonara, dei Gesuiti, del principe di Tarsia, dell’Accademia Ercolanese. Nel decennio francese ulteriori annessioni conseguiranno dalla soppressioni monastiche. All’iniziativa di Gioacchino Murat, sovrano dal 1808, vanno ascritte le acquisizioni della prestigiosa raccolta del marchese Taccone, della collezione bodoniana del marchese Rosaspina e degli incunaboli di Melchiorre Delfico. Dal 1816, con la seconda Restaurazione, La Real Biblioteca assume la denominazione di Borbonica. Prenderà quella di Nazionale dopo l’Unità, quando ingloberà altre importanti raccolte sia in conseguenza delle leggi eversive sia per quella politica di accentramento nella Nazionale dei maggiori fondi bibliografici cittadini.
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